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giovedì 28 dicembre 2023

Febo della Minerva: L'abnegazione della regina Elena a Messina. Tratto da: Il pazzo che piacque a Dio. Biografia di padre Giovanni Messina

Mentre Vittorio Emanuele s’internava tra le spaventose fosse di macerie, insieme con le squadre di soccorso e disseppellimento, Elena fece suo quartiere generale la corazzata Regina Elena, e lì organizzò mirabilmente il servizio ai feriti: soprattutto, si prodigò ella stessa in quelle cure con una generosità veramente straordinaria: non conobbe stanchezza, non conobbe riguardi per la propria persona. Spontaneamente disposta ad accudire gli infermi, e preparata da vari studi fatti in Russia, riuscì mirabilmente ad alleviare sofferenze e medicare ferite, tanto da destare una ammirazione indiscussa, generale.
Un testimone oculare, Angelo Cairoli, interrogato il 10 gennaio 1909, raccontò:
“Vestiva un semplice abito scuro; portava un berretto alla marinara, nessuno l’avrebbe presa per la regina d’Italia. Sembrava un’infermiera, una suora di carità: il suo volto pallido e contratto dal dolore e dalla pietà si atteggiava a un dolce sorriso per confortare le centinaia di feriti ai quali volle con le sue mani prodigare le prime cure. I suoi occhi erano pieni di lacrime, nella sua voce era un singhiozzo.
Nessuna sovrana ha fatto mai quello che la Regina Elena ha saputo compiere nelle tragiche giornate di Messina...”
Mentre si raccoglievano e curavano i feriti, si veniva a conoscenza di un numero sempre crescente di sepolti vivi: si scoprivano le loro voci senza avere la più lontana possibilità di scoprire i loro corpi. Molte case erano, infatti, crollate verso l’interno, come per uno sfondamento centrale che avesse fatto confluire mostruosamente muraglie, tetti, soffitti, mobili, gli uni sugli altri, addosso alle vittime: eppure sotto quegli schiacciamenti, in molti casi, un frammento di muro, una trave, un armadio obliquo, magari un letto, avevano creato un cunicolo, una celletta inverosimile nella quale un infelice palpitava ancora, sperava, forse riusciva a gridare..
Alcuni episodi in questo campo fanno rabbrividire.
Il comandante russo della Makaroff raccontò: 
“I marinai avevano trovato un letto su cui giacevano sei piani di casa, entro un mucchio di macerie inframmezzate da cadaveri: sotto quel letto due bimbi giocavano, gravemente, con dei bottoni...”
I particolari che si riferivano ai bambini erano i più strazianti: 
“Avevamo raccolto moltissimi bambini – dichiarò ancora il comandante della Makaroff – qualcuno in braccio alle madri morte, qualcuno, morto, in braccio alla mamma impazzita. A bordo i marinai (non disponevano di una stilla di latte) davano loro a succhiare il dito intinto nell’acqua”.
Ecco, tra i molti episodi che punteggiarono l’opera della Sovrana a Messina, un momento drammatico concernente un bimbo.
In una casa, mentre la Regina assisteva al salvataggio di alcuni semisepolti, a un certo momento ella stessa si trovò ad accogliere tra le braccia un bambino molto piccolo. Ma, per liberarlo, le macerie erano state smosse, e travi e travicelli minacciavano di franare. Una trave, o moncone di trave, si appesantì in direzione del bambino sorretto dalla Regina, e questa, per salvare la piccola vita che le palpitava ancora tra le braccia, sostenne il peso della trave sulla propria spalla, finchè i militari che operavano lì non accorsero a liberarla.
L’episodio, rimasto famoso, è stato effigiato in uno dei tre alto-rilievi che adornano la base del monumento eretto ad Elena in Messina.
Un altro aspetto particolare della tragedia era la frequenza dei casi di pazzia, o, almeno, di choc gravissimo.
Lo stesso comandante della Makaroff raccontò: 
“Avevamo anche molti pazzi, i quali cercavano tra le macerie immaginarie, nei corridoi di bordo: abbiamo dovuto chiudere i corridoi dei forni, per timore che vi si gettassero!”
Il ministro Mirabella, dopo aver visto la regina all’opera disse a un giornalista:
“...È stata un sublime angelo di carità. Scelto per suo campo d’azione la corazzata che porta il suo nome, si è dedicata personalmente alla cura e medicazione di centinaia di feriti, assistendo nelle operazioni il chirurgo Bastianelli, recando nella sua opera di intelligente soccorso, l’esperienza di studi fatti sul serio in Russia. Veramente provetta nell’assistenza ai feriti, ha con le sue mani alleviato le sofferenze di tanti infelici. Non paga di ciò si diede a cucire, coadiuvata da signore e da donne del popolo scampate al disastro, vestiti, specialmente per le donne e i bambini, che ne erano privi e soffrivano il freddo. La Regina Elena ha mostrato ancora una volta la dirittura del suo animo, che è pari in nobiltà e coraggio alla sua infinita modestia. Basti quest’esempio.
Mentre stava curando feriti, una profuga, evidentemente esaltata, penetrò nell’infermeria gridando che il disastro era così immenso che era meglio morire. Una donna a questo appello di disperazione, si scosse e corse verso l’uscita gridando di volersi gettare in mare. La Regina, allargando le braccia si mise attraverso la porta per impedire alla infelice la corsa verso la morte, e si ebbe dalla donna, che le si avventò contro a capo basso, un fortissimo colpo al petto.
Potè così impedire alla sventurata di suicidarsi, ma ebbe a soffrire del colpo ricevuto. Non volle farsi visitare nè curarsi, e continuò intrepida la sua opera di carità, quantunque alle sue labbra giungesse dal petto, per la contusione prodotta dal colpo ricevuto, qualche rossa goccia di sangue.
La Regina Elena è degna di tutta l’ammirazione, di tutto lo affetto del popolo italiano”.



Febo della Minerva: Il pazzo che piacque a Dio. Biografia di padre Giovanni Messina.
Pagine 384 - Prezzo di copertina € 22,00
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
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