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giovedì 28 dicembre 2023

Febo della Minerva: La mattina del 28 dicembre 1908 ebbe luogo il terremoto di Messina... Tratto da: Il pazzo che piacque a Dio. Biografia di padre Giovanni Messina.

La mattina del 28 dicembre 1908 ebbe luogo il terremoto di Messina. Per ricostruire rapidamente gli avvenimenti, citeremo alcune testimonianze di persone che si trovarono presenti alla catastrofe. Ecco, per esempio, ciò che videro gli ufficiali della “Saffo” ancorata nel porto:
“Alle 5,20 della mattina uno spaventoso sussulto dal fondo del mare dette una violenta scossa a tutte le imbarcazioni ancorate nel porto; il mare improvvisamente si gonfiò, alzandosi in una enorme montagna ruggente dallo stretto, e si rovesciò con cupo rombo furioso ai lati di comunicazione, e fracassando le navi. Il piroscafo austro-ungarico Audrassy rimase in balia delle onde, e tutta la banchina venne distrutta in breve tempo.
Un istante dopo, la superficie del mare apparve coperta di botti, d’imbarcazioni, di rottami, di battelli, di casse di petrolio, di frutta, di agrumi e un nembo fittissimo coprì la povera città da cui si elevavano acute strazianti urla invocanti soccorso.
Quando spuntò l’alba, allora soltanto riuscimmo a farci una idea dell’immane disastro. È impossibile descrivere l’orrore in tutta la sua tragica grandezza: pressocché tutta la fiorente città era ridotta a un cumulo di macerie; e in mezzo a tante rovine, come giganteschi e sinistri scheletri, restavano in piedi le mura del Municipio e del Grand Hotel Trinacria, diroccate esse pure. Tutti gli altri palazzi erano scomparsi; le vie erano ostruite; nei vari punti della città ormai ridotta ad una orribile rovina, si levavano le fiamme e il fumo avvolgente degli incendi che qua e là si erano sviluppati in quel momento terribile.
Il capo timoniere Donini della Saffo scese a terra con otto marinai, lottando energicamente contro il furore delle onde, e riuscì a penetrare con i suoi uomini in Messina, dove si accinsero tutti all’opera di salvataggio.
Grida, lamenti, invocazioni, gemiti di moribondi si levavano fra le macerie con una insistenza che serrava il cuore... Il capo timoniere Donini e i suoi pochi compagni, dalle otto alle dodici riuscirono a salvare dalle rovine una quindicina di sepolti soccorrendo molti altri...
Anche gli Ufficiali della R. Nave Piemonte con un gruppo di marinai operarono miracoli di coraggio.
Erano nel porto la corazzata russa Makaroff ed un incrociatore inglese.
Il comandante della Makaroff raccontò che sotto tutti i mucchi di rovine si udivano grida strazianti di aiuto: “difficile la scelta delle persone da salvare, ma abbiamo dovuto deciderci per non perdere un minuto di tempo. Abbiamo potuto salvare circa mille persone e installare a terra un piccolo ospedale volante sotto la direzione del secondo medico di bordo...” 
Il racconto incredibile di un superstite.
Un viaggiatore trentino, Giuseppe Gardier, di 27 anni, rappresentante di commercio, il quale si trovava in partenza da Messina, raccontò: 
“Ero appoggiato al parapetto del Ferry-Boat, attendendo l’istante della partenza, quando all’improvviso, tra un fragore pauroso, uno scrosciare tremendo di acque e un tumulto indicibile, il Ferry-Boat fu sollevato dal mare. La terra, alla quale eravamo ancora attaccati, tremò davanti ai nostri occhi e gli edifici precipitarono.
Noi fummo spinti contro il pontile che s’infranse. Nello stesso tempo la nave era spinta indietro con le acque e tra noi e la terra si aprì come un baratro, ma istantaneamente il mare si precipitò di nuovo sulla banchina. Ero appena sulla terra quando una altra immane ondata rimetteva il Ferry-Boat in mare, spezzando tutti gli ormeggi e le catene: tutto era spezzato. Un gran polverone sorgeva dappertutto, e dovunque crollavano edifici; dovunque era un gridar confuso e tumultuoso come di migliaia di voci.
Mi diedi a correre all’impazzata, seguendo la linea che dal Ferry-Boat va alla stazione.
Durante la corsa inciampavo tra morti e rottami: caddi e mi rialzai con le mani imbrattate di sangue.
Correndo giunsi in piazza della stazione: a poca distanza vidi un giovane inginocchiato che cercava di strappare da un mucchio di pietre un corpo umano, tirandolo per i piedi: mi fermai a guardare: con uno sforzo vigoroso il giovane trasse fuori tutto il corpo e chiamò disperatamente il padre. Il cadavere aveva il cranio spezzato. Quando il giovane si accorse di non aver fra le braccia che un morto, lanciò un urlo da pazzo, un urlo da belva, e abbandonando il cadavere si lanciò a corsa sfrenata con la testa in avanti contro un muro per battere il capo e uccidersi. Cerco di trattenerlo, ma non vi riesco: vero che egli sta per raggiungere la meta fatale; inorridito, volgo il capo e fuggo, fuggo anch’io, come un pazzo. Corro, corro verso il mare, credendo di andare verso la salvezza...”


Febo della Minerva: Il pazzo che piacque a Dio. Biografia di padre Giovanni Messina.
Pagine 384 - Prezzo di copertina € 22,00
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