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lunedì 20 maggio 2024

Rosalia Pignone Del Carretto: Il giuoco della Corrida nella Palermo del 1707. Tratto da: Un vero amore ovvero I Beati Paoli. Romanzo storico siciliano

Non credo tornerà discaro ai miei cortesi leggitori avere i particolari del giuoco del Toro, da me attinti da un accurato scrittore.
E qui mi piace notare un aneddoto avvenuto in quel tempo.
Il re Filippo V, passionato della caccia del Toro, premiò il valore del Torero Espada, Giovanni Alberez, col dono di una ricca spada, che i discendenti di costui conservarono religiosamente fino al l8l0 epoca dell’invasione francese.
Intorno all’arena era disposto un assito formato di tavole rosse, alte incirca sei piedi. Di tratto in tratto erano fatte delle aperture, a fine di lasciare libero il varco al Toro, e raccogliere i feriti ed i morti; che bene spesso quel selvaggio dramma ha termine con dolorose catastrofi. Poco più oltre innalzavasi un secondo assito, e lo spazio posto tra esso ed il primo era deputato a contenere i Chulos ed i Picadores Sebrestantes, o di surrogazione, i quali dovevano attendere quivi armati di tutto punto pronti ad occupare il posto del Picador ferito o morto. L'assito era cinto di una rete di corda, per impedire che il Toro sfrenato, ancorchè oltrepassasse il primo recinto, non potesse entrare nel circo a spargere il terrore e la morte tra gli spettatori.
Eppure si narrano dei tristissimi, ma lode al cielo, rari casi, in cui il Toro furioso abbia anche saltato il secondo assito.
I Toreadores, cioè Picadores, Chulos, o Capeadores, Banderilleros ed Espada erano già presti alla pugna.
Primi ad uscire nel circo furono i due Picadores.
Montavano cavalli bendati, ad evitare che la vista del Toro non li atterrisse, esponendo a crudele periglio la vita del cavaliere. Il loro abbigliamento era elegantissimo. Componevasi di una giubba di velluto di vivaci colori ricamata in oro o in argento, ed ornata di bottoni di filagrana.
Essa lasciava vedere un giustacuore simile per il drappo e per gli ornamenti, e lo sparato di una finissima camicia di tela a gala ricamata. Un fazzoletto di seta legato negligentemente loro cadea sul petto.
Al cinto aveano una ciarpa di seta; le loro gambe erano coperte da calzoni di pelle di bufalo guerniti di liste di cuoio a punto di ferro, simili agli stivali dei postiglioni. Tale precauzione li preservava dal cozzar del Toro, e li garentiva dalle cadute da sella. Il loro capo era coperto da un cappello di feltro bigio molto basso, a larghe tese, ornato da fiocchi e ciondoli di nastri colorati.
I Picadores erano armati di lancie a punti di ferro lunghe due o tre pollici le quali non potevano ferire gravemente il Toro, ma dovevano incitarlo alla lotta, metterlo in timore, e respingerlo. Una striscia di cuoio adattata alla mano destra del Picador impediva che la lancia non gli sfuggisse.
Essi stavano, quasi direi, incastrati, in una sella, altissima dinanzi e di dietro, simile affatto a quella dei cavalieri del medioevo. Le staffe celavano interamente i loro piedi, i cui talloni erano armati di sproni di ferro lunghissimi.
I Chulos o Campeadores portavano calzoni corti di raso, calze di seta, ed una giubba ornata di splenditi arabeschi. Recavano sotto il braccio la cappa o mantello di drappo rosso, che dovevano svolgere e far rotare innanzi agli occhi del Toro per aizzarlo, se mai fosse troppo tardo all'attacco, o per distrarlo, se inseguisse molto da presso il Picador.
Essi erano stati scelti trai giovani più svelti ed abili al corso, talchè erano la perfetta an antesi dei Piccadores, ordinariamente uomini robusti e di forze erculee.
I Banderilleros vestivano come i Chulos; era loro speciale ufficio piantare sulle spalle del Toro delle banderuole a varii colori, attaccate all’estremità di piccole freccie a fine di stimolarlo, se mai fosse stanco o lento a proseguire la lotta ed a contrastare la palma della vittoria, all’Espada suo ultimo competitore. Le banderillas, dovevano piantarsi due per volta sul dorso del Toro, e per far ciò, ambo le braccia del Banderillero dovevano passare tra le corna della selvaggia bestia. Le banderillas de Fuego si adoperavano in estremo caso, quando cioè l’animale spossato dal combattimento avea d'uopo di un forte stimolo. Queste banderuole contenevano della polvere da sparo, che accesa destramente nel piantarle sul corpo della stanca bestia, collo scoppiare che faceva, la destava e la ingagliardiva a proseguire la tenzone. Talvolta non bastava neanche questo ritrovato a muovere l’assopito coraggio del Toro; e la calca degli spettatori sdegnati con furenti grida chiedeva si lasciasse in balia dei perros o cani, i quali erano scagliati contro la bestia per ferirla, o per esserne vittima, aizzandone la rabbia. L’Espada finalmente, ultimo dei Toreadores, indossava vestimenti ancora più ricchi ed eleganti di quelli dei Chulos e dei Banderilleros.
Le sue armi erano una lunga spada con l’elsa a forma di croce, ed un brandello di lana scarlatto detto muleta, debole scudo male adatto a respingere il cozzare dell’inferocito animale.
Dopo di aver fatto passare a rassegna tutti gli attori di quel dramma atroce, riprendiamo il filo dell’interrotta narrazione, riserbandoci di notare soltanto alcuni episodii che avvennero durante la rappresentazione.


Rosalia Pignone Del Carretto: Un vero amore ovvero I Beati Paoli. L'opera è la fedele trascrizione del romanzo originale pubblicato unicamente nel 1876 dalla casa editrice M. Savastano (Napoli)
Prefazione di Massimo Bonura.
Copertina di Niccolò Pizzorno.
Pagine 210 - Prezzo di copertina € 20,00
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (sconto 15% - consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
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