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venerdì 24 maggio 2024

Febo Della Minerva: Se ne andò nel giorno di Maria, che pazzamente amò: il 24 maggio alle ore 16:30... Tratto da: Il pazzo che piacque a Dio. Biografia di padre Giovanni Messina.

 
Poco più tardi un mucchio di corrispondenza. E la lettera fatale. 
Lesse, rilesse; lesse ancora...
Non gli dava pace, gli toglieva il fiato quella conclusione: 
“L’Ill.mo signor Sindaco, presidente della Commissione Edilizia, ha convalidato la decisione come sopra espressa”. 
Le Suore non ricordano d’aver visto il loro Padre, piangere tanto – in tanti anni. Il volto si tinse color dei morti. Cadde in uno stato di vera impressionante angoscia. 
La Rev.da Superiora, Madre Serafina Lanza, per tranquillizzarlo si precipitò ai Lavori Pubblici per scongiurare l’esecuzione dei drastici provvedimenti. 
L’Ingegnere Direttore Boscaino non c’era. Parlò a lungo con il Sig. Girolamo Luciano, consigliere comunale, il quale aveva fatto tanto per l’acquisto del terreno arenile. Questi disse che il buon padre Messina poteva star sicuro che niente gli sarebbe capitato di male. 
Tentò anche giustificare il sindaco dicendo che era sua abitudine apporre la firma sui documenti senza prenderne visione. 
Tutte le assicurazioni non valsero a far nascere nell’animo depresso del Padre, un barlume di speranza. 
Ingoiò pochi bocconi di minestra, di mala voglia, e solo per tacitare le istanze delle buone Figlie.
Si ritirò poi, a passo lento, nella sua stanzetta, piccola più d’una cella, tenendo stretta tra le dita nervose, quella lettera e ripetendo a fior di labbra:
– Cinquant’anni di fatiche, distrutti... i miei bambini sulla strada... cinquant’anni di stenti... mio Dio, non me la fido più!...
Si chiuse a chiave, come sempre. 
Quella che doveva essere la solita mezzoretta di siesta dovette essere agitatissima, se riapparve presto tra le Figlie a passo incerto e col volto chiazzato color paonazzo. 
La Rev.ma Superiora e Suor Bernardina, che negli ultimi anni gli stavano più da presso, allarmate insistettero perché tornasse a riposare, a star tranquillo. 
Pochi minuti dopo dei lamenti:
– Sono morto... sono morto…
– Aprite Padre... per carità aprite…
A scassinare la porta furono don Giovannino Catalano – capomastro dei lavori in corso – e il giovane Giovanni Gandolfo, affezionatissimo al Padre che l’aveva accolto nella Casa, all’età di nove anni. 
Il Padre, riverso sul letto, parea ferito a morte. Sangue veniva fuori dall’orecchio. 
Una sola ansiosa domanda sulle labbra di tutti: 
– Padre cosa avete... Padre che vi sentite...
– Niente... niente... il sindaco Cusenza ha ammazzato padre Messina!...
Furono le sole parole dette. 
Per sei giorni e sei notti fu una dura, spossante lotta tra la vita e la morte. 
Nel camerino del bagno furono trovate chiazze di sangue e i suoi occhiali. 
Quel meraviglioso campione di Dio che, per oltre cinquant’anni, avea sbalordito per quel che aveva fatto avversari e benefattori, autorità e povera gente, era stato messo a tappeto da un pezzo di carta dalla testata autorevole. Un pezzo di carta contenente il veleno che gli avea fatto scoppiare il cuore. 
Alla morte andò serenamente. Aveva fatto quanto possibile, perché il Bene fosse ben fatto. 
Coscienza pulita e retta, non aveva sentito peccare d’orgoglio quando, un anno prima di morire, aveva detto: – Ho qualche cosa da potere, un giorno, mostrare indegnamente e umilmente al Padreterno. 
Per ciò si rese degno d’aver scolpito sulla tomba l’epigrafe da lui dettata per i consacrati a Dio:  – Qui giace un amante di Gesù. 
“La morte è il momento più bello dell’uomo. Chè trova allora tutte le virtù praticate, la forza e la pace di cui si è provvisto” scrisse il pio padre Lacordaire. Ed è vero per chi vive e muore come è vissuto e morto il padre Giovanni Messina.
Per quell’ “amante di Gesù” il morire fu davvero il “cadere” nelle braccia di Dio. Se n’andò nel giorno di Maria, che pazzamente amò: il 24 maggio. 
Alle ore 16,30 se n’andò “in sul calar del sole” che dolcemente e lentamente, tingeva d’oro fino, l’orizzonte lontano, il mare attonito e commosso, il Pellegrino vigile e silente. Se n’andò prima che il sole se n’andasse per tuffarsi gioiosamente nella immensa Luce dell’infinito Amore. 
Si tacquero le labbra smorte alla preghiera umana, e le pupille vivide e lucenti lentamente s’ascosero dietro le palpebre sonnolenti e stanche. 
Allora ogni pietra della Casa ridonò alla sua lacrima cocente al Costruttore tenace e vigoroso. Nelle lacrime abbondanti delle Figlie sconsolate e nei singhiozzi incontrollati dei “dolci orfanelli” rimasti, ancora una volta senza il Padre, si lesse lo smarrimento di un vuoto che non si sarebbe più potuto colmare. 
Ogni pietra della Casa rivelò allora, i gemiti occulti del Fondatore santo nei gemiti sinceri della folla riverente, diventata un mare. 
Ogni pietra della Casa lanciò allora la sua sfida agli uomini del mondo e al tempo che s’eterna: noi non ci muoveremo mai più da qui. 
(Nella foto la tomba di padre Giovanni Messina, presso la Casa Lavoro e Preghiera)


Febo della Minerva: Il pazzo che piacque a Dio. Biografia di padre Giovanni Messina.
Pagine 384 - Prezzo di copertina € 22,00
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