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martedì 28 maggio 2024

Un nuovo volume si aggiunge alla collana L'Isola a Tre Punte edita I Buoni Cugini: U mè paisi. U dialettu attruvatu arrè di Totò Mazzara

Totò Mazzara, già autore di Chiàcchiari e pinsera nella stessa collana, ci presenta oggi la sua nuova raccolta di novelle e poesie tratte da avvenimenti realmente accaduti negli anni '50, nel tempo della sua giovinezza a Villafrati. Tempi, come dice lo stesso autore, che visti con le lenti appannate di nostalgia brillano come gioielli preziosi. Protagonista del libro è il dialetto che si parlava fino alla metà degli anni cinquanta, quello parlato dai nostri genitori, dai nostri avi... 

Quannu jiu di nicu ‘ncuntrava stranii, mi dumannavanu: Di u dialettu attruvatu arrè unni sini?” E jiu sempri cci rispunnia: “Di la Sammuca”. ‘Na vota dicianu: di la Terra di la Sammuca, perché le persone appartenevano alla terra che in qualche modo li aveva generati, il dialetto fa parte di quella terra che ci ha generato.
Totò Mazzara, emigrato in Svizzera da più di 55 anni, ha conservato il suo patrimonio culturale di Villafrati, ha viaggiato, ha incontrato altri popoli, altre culture e le ha fatte proprie, le ha mescolate, ma a differenza di altri suoi amici di viaggio, integrandosi nel nuovo paese, è rimasto se stesso, ha conservato il suo patrimonio culturale di una Sicilia antica, la sua generosità, la solarità e cosa ancora più profonda l’amore per la lingua dei suoi antenati: il dialetto.

Dalla prefazione di Salvatore Maugeri


…Intanto, si sono accumulate più di quaranta novelle e, insieme ad alcune poesie, penso che sia arrivato il tempo di pubblicarle. Sono sempre novelle tratte da avvenimenti realmente accaduti o verosimili nell'ambito della realtà dei tempi della mia giovinezza trascorsa in paese. Tempi che paragonati con la realtà di oggi, sembrano impossibile che siano mai veramente esistiti, ma che visti con le lenti appannate di nostalgia, brillano come gioielli preziosi in ognuno di noi, nella mente e nel cuore.
A far brillare questi preziosi, più di quanto realmente potrebbero, è il dialetto rimasto fermo là dove avvenne il distacco dal parlare, dallo scrivere e dal pensare nel 1968, anno della mia partenza per la Svizzera. Ma il dialetto riportato in queste novelle è quello che si parlava fino alla metà degli anni cinquanta…
Con la pubblicazione di queste novelle spero di apportare un piccolo contributo al ritrovamento del dialetto come espressione di una cultura passata, ma non dimenticata, e che vale la pena proteggere attivamente parlando, scrivendo e pensando. 

Totò Mazzara

Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (sconto 15% - consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Su Amazon e tutti gli store di vendita online. 

venerdì 24 maggio 2024

Febo Della Minerva: Se ne andò nel giorno di Maria, che pazzamente amò: il 24 maggio alle ore 16:30... Tratto da: Il pazzo che piacque a Dio. Biografia di padre Giovanni Messina.

 
Poco più tardi un mucchio di corrispondenza. E la lettera fatale. 
Lesse, rilesse; lesse ancora...
Non gli dava pace, gli toglieva il fiato quella conclusione: 
“L’Ill.mo signor Sindaco, presidente della Commissione Edilizia, ha convalidato la decisione come sopra espressa”. 
Le Suore non ricordano d’aver visto il loro Padre, piangere tanto – in tanti anni. Il volto si tinse color dei morti. Cadde in uno stato di vera impressionante angoscia. 
La Rev.da Superiora, Madre Serafina Lanza, per tranquillizzarlo si precipitò ai Lavori Pubblici per scongiurare l’esecuzione dei drastici provvedimenti. 
L’Ingegnere Direttore Boscaino non c’era. Parlò a lungo con il Sig. Girolamo Luciano, consigliere comunale, il quale aveva fatto tanto per l’acquisto del terreno arenile. Questi disse che il buon padre Messina poteva star sicuro che niente gli sarebbe capitato di male. 
Tentò anche giustificare il sindaco dicendo che era sua abitudine apporre la firma sui documenti senza prenderne visione. 
Tutte le assicurazioni non valsero a far nascere nell’animo depresso del Padre, un barlume di speranza. 
Ingoiò pochi bocconi di minestra, di mala voglia, e solo per tacitare le istanze delle buone Figlie.
Si ritirò poi, a passo lento, nella sua stanzetta, piccola più d’una cella, tenendo stretta tra le dita nervose, quella lettera e ripetendo a fior di labbra:
– Cinquant’anni di fatiche, distrutti... i miei bambini sulla strada... cinquant’anni di stenti... mio Dio, non me la fido più!...
Si chiuse a chiave, come sempre. 
Quella che doveva essere la solita mezzoretta di siesta dovette essere agitatissima, se riapparve presto tra le Figlie a passo incerto e col volto chiazzato color paonazzo. 
La Rev.ma Superiora e Suor Bernardina, che negli ultimi anni gli stavano più da presso, allarmate insistettero perché tornasse a riposare, a star tranquillo. 
Pochi minuti dopo dei lamenti:
– Sono morto... sono morto…
– Aprite Padre... per carità aprite…
A scassinare la porta furono don Giovannino Catalano – capomastro dei lavori in corso – e il giovane Giovanni Gandolfo, affezionatissimo al Padre che l’aveva accolto nella Casa, all’età di nove anni. 
Il Padre, riverso sul letto, parea ferito a morte. Sangue veniva fuori dall’orecchio. 
Una sola ansiosa domanda sulle labbra di tutti: 
– Padre cosa avete... Padre che vi sentite...
– Niente... niente... il sindaco Cusenza ha ammazzato padre Messina!...
Furono le sole parole dette. 
Per sei giorni e sei notti fu una dura, spossante lotta tra la vita e la morte. 
Nel camerino del bagno furono trovate chiazze di sangue e i suoi occhiali. 
Quel meraviglioso campione di Dio che, per oltre cinquant’anni, avea sbalordito per quel che aveva fatto avversari e benefattori, autorità e povera gente, era stato messo a tappeto da un pezzo di carta dalla testata autorevole. Un pezzo di carta contenente il veleno che gli avea fatto scoppiare il cuore. 
Alla morte andò serenamente. Aveva fatto quanto possibile, perché il Bene fosse ben fatto. 
Coscienza pulita e retta, non aveva sentito peccare d’orgoglio quando, un anno prima di morire, aveva detto: – Ho qualche cosa da potere, un giorno, mostrare indegnamente e umilmente al Padreterno. 
Per ciò si rese degno d’aver scolpito sulla tomba l’epigrafe da lui dettata per i consacrati a Dio:  – Qui giace un amante di Gesù. 
“La morte è il momento più bello dell’uomo. Chè trova allora tutte le virtù praticate, la forza e la pace di cui si è provvisto” scrisse il pio padre Lacordaire. Ed è vero per chi vive e muore come è vissuto e morto il padre Giovanni Messina.
Per quell’ “amante di Gesù” il morire fu davvero il “cadere” nelle braccia di Dio. Se n’andò nel giorno di Maria, che pazzamente amò: il 24 maggio. 
Alle ore 16,30 se n’andò “in sul calar del sole” che dolcemente e lentamente, tingeva d’oro fino, l’orizzonte lontano, il mare attonito e commosso, il Pellegrino vigile e silente. Se n’andò prima che il sole se n’andasse per tuffarsi gioiosamente nella immensa Luce dell’infinito Amore. 
Si tacquero le labbra smorte alla preghiera umana, e le pupille vivide e lucenti lentamente s’ascosero dietro le palpebre sonnolenti e stanche. 
Allora ogni pietra della Casa ridonò alla sua lacrima cocente al Costruttore tenace e vigoroso. Nelle lacrime abbondanti delle Figlie sconsolate e nei singhiozzi incontrollati dei “dolci orfanelli” rimasti, ancora una volta senza il Padre, si lesse lo smarrimento di un vuoto che non si sarebbe più potuto colmare. 
Ogni pietra della Casa rivelò allora, i gemiti occulti del Fondatore santo nei gemiti sinceri della folla riverente, diventata un mare. 
Ogni pietra della Casa lanciò allora la sua sfida agli uomini del mondo e al tempo che s’eterna: noi non ci muoveremo mai più da qui. 
(Nella foto la tomba di padre Giovanni Messina, presso la Casa Lavoro e Preghiera)


Febo della Minerva: Il pazzo che piacque a Dio. Biografia di padre Giovanni Messina.
Pagine 384 - Prezzo di copertina € 22,00
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Disponibile su Amazon e tutti gli store di vendita online 
In libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita Centro Commerciale Conca d'Oro), Libreria Nike (Via Marchese Ugo 56), Libreria Macajone (Via M.se di Villabianca 102), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Forense (Via Macqueda 185), La Nuova Bancarella (Via Cavour).

lunedì 20 maggio 2024

Rosalia Pignone Del Carretto: Il giuoco della Corrida nella Palermo del 1707. Tratto da: Un vero amore ovvero I Beati Paoli. Romanzo storico siciliano

Non credo tornerà discaro ai miei cortesi leggitori avere i particolari del giuoco del Toro, da me attinti da un accurato scrittore.
E qui mi piace notare un aneddoto avvenuto in quel tempo.
Il re Filippo V, passionato della caccia del Toro, premiò il valore del Torero Espada, Giovanni Alberez, col dono di una ricca spada, che i discendenti di costui conservarono religiosamente fino al l8l0 epoca dell’invasione francese.
Intorno all’arena era disposto un assito formato di tavole rosse, alte incirca sei piedi. Di tratto in tratto erano fatte delle aperture, a fine di lasciare libero il varco al Toro, e raccogliere i feriti ed i morti; che bene spesso quel selvaggio dramma ha termine con dolorose catastrofi. Poco più oltre innalzavasi un secondo assito, e lo spazio posto tra esso ed il primo era deputato a contenere i Chulos ed i Picadores Sebrestantes, o di surrogazione, i quali dovevano attendere quivi armati di tutto punto pronti ad occupare il posto del Picador ferito o morto. L'assito era cinto di una rete di corda, per impedire che il Toro sfrenato, ancorchè oltrepassasse il primo recinto, non potesse entrare nel circo a spargere il terrore e la morte tra gli spettatori.
Eppure si narrano dei tristissimi, ma lode al cielo, rari casi, in cui il Toro furioso abbia anche saltato il secondo assito.
I Toreadores, cioè Picadores, Chulos, o Capeadores, Banderilleros ed Espada erano già presti alla pugna.
Primi ad uscire nel circo furono i due Picadores.
Montavano cavalli bendati, ad evitare che la vista del Toro non li atterrisse, esponendo a crudele periglio la vita del cavaliere. Il loro abbigliamento era elegantissimo. Componevasi di una giubba di velluto di vivaci colori ricamata in oro o in argento, ed ornata di bottoni di filagrana.
Essa lasciava vedere un giustacuore simile per il drappo e per gli ornamenti, e lo sparato di una finissima camicia di tela a gala ricamata. Un fazzoletto di seta legato negligentemente loro cadea sul petto.
Al cinto aveano una ciarpa di seta; le loro gambe erano coperte da calzoni di pelle di bufalo guerniti di liste di cuoio a punto di ferro, simili agli stivali dei postiglioni. Tale precauzione li preservava dal cozzar del Toro, e li garentiva dalle cadute da sella. Il loro capo era coperto da un cappello di feltro bigio molto basso, a larghe tese, ornato da fiocchi e ciondoli di nastri colorati.
I Picadores erano armati di lancie a punti di ferro lunghe due o tre pollici le quali non potevano ferire gravemente il Toro, ma dovevano incitarlo alla lotta, metterlo in timore, e respingerlo. Una striscia di cuoio adattata alla mano destra del Picador impediva che la lancia non gli sfuggisse.
Essi stavano, quasi direi, incastrati, in una sella, altissima dinanzi e di dietro, simile affatto a quella dei cavalieri del medioevo. Le staffe celavano interamente i loro piedi, i cui talloni erano armati di sproni di ferro lunghissimi.
I Chulos o Campeadores portavano calzoni corti di raso, calze di seta, ed una giubba ornata di splenditi arabeschi. Recavano sotto il braccio la cappa o mantello di drappo rosso, che dovevano svolgere e far rotare innanzi agli occhi del Toro per aizzarlo, se mai fosse troppo tardo all'attacco, o per distrarlo, se inseguisse molto da presso il Picador.
Essi erano stati scelti trai giovani più svelti ed abili al corso, talchè erano la perfetta an antesi dei Piccadores, ordinariamente uomini robusti e di forze erculee.
I Banderilleros vestivano come i Chulos; era loro speciale ufficio piantare sulle spalle del Toro delle banderuole a varii colori, attaccate all’estremità di piccole freccie a fine di stimolarlo, se mai fosse stanco o lento a proseguire la lotta ed a contrastare la palma della vittoria, all’Espada suo ultimo competitore. Le banderillas, dovevano piantarsi due per volta sul dorso del Toro, e per far ciò, ambo le braccia del Banderillero dovevano passare tra le corna della selvaggia bestia. Le banderillas de Fuego si adoperavano in estremo caso, quando cioè l’animale spossato dal combattimento avea d'uopo di un forte stimolo. Queste banderuole contenevano della polvere da sparo, che accesa destramente nel piantarle sul corpo della stanca bestia, collo scoppiare che faceva, la destava e la ingagliardiva a proseguire la tenzone. Talvolta non bastava neanche questo ritrovato a muovere l’assopito coraggio del Toro; e la calca degli spettatori sdegnati con furenti grida chiedeva si lasciasse in balia dei perros o cani, i quali erano scagliati contro la bestia per ferirla, o per esserne vittima, aizzandone la rabbia. L’Espada finalmente, ultimo dei Toreadores, indossava vestimenti ancora più ricchi ed eleganti di quelli dei Chulos e dei Banderilleros.
Le sue armi erano una lunga spada con l’elsa a forma di croce, ed un brandello di lana scarlatto detto muleta, debole scudo male adatto a respingere il cozzare dell’inferocito animale.
Dopo di aver fatto passare a rassegna tutti gli attori di quel dramma atroce, riprendiamo il filo dell’interrotta narrazione, riserbandoci di notare soltanto alcuni episodii che avvennero durante la rappresentazione.


Rosalia Pignone Del Carretto: Un vero amore ovvero I Beati Paoli. L'opera è la fedele trascrizione del romanzo originale pubblicato unicamente nel 1876 dalla casa editrice M. Savastano (Napoli)
Prefazione di Massimo Bonura.
Copertina di Niccolò Pizzorno.
Pagine 210 - Prezzo di copertina € 20,00
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (sconto 15% - consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Disponibile su Amazon e tutti gli store di vendita online.
In libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita centro commerciale Conca d'Oro) Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Macaione (Via M.se di Villabianca 102), La Nuova Ipsa (Piazza Leoni 60).  

Rosalia Pignone Del Carretto: La setta dei Beati Paoli nel 1707. Tratto da: Un vero amore ovvero I Beati Paoli. Romanzo storico siciliano

Lo stato di oppressione e di avvilimento, in cui il debole ma duro reggimento spagnuolo aveva immerse la misera Sicilia già dilaniata da intestine lotte, da tremende discordie, e dagli attentati de' sovrani stranieri, che se ne contendevano il possesso, aveva messo a ben dura prova la pazienza dei Siciliani, per indole e per affetto alla terra che li educò e nutrì, insofferenti di estraneo giogo ed acerrimi nemici di prepotenze e di soprusi.
Non è quindi da maravigliare se alcuni uomini, forse mossi a pietà dal miserrimo spettacolo che loro offria la patria languente, si fossero collegati segretamente e convenendo in remoto e sicuro loco, provvedessero arbitrariamente alla spedita amministrazione della giustizia, adoperando mezzi non sempre lodevoli, e bene spesso crudeli. L'abolizione de' grandi ufficii della Corona, e la instabile residenza della Magna Curia che nella città capitale inceppavano il corso della giustizia e l'applicazione delle pene ai rei, lasciandosi talvolta i giudizii sospesi, era maladatto a frenare gli abusi. Gli uomini che convenivano in quell'oscuro antro erano in maggior numero plebei, artigiani, marinai, ai quali si erano altresì associati curiali e piccoli commercianti.
Essi si erano proposti raddrizzare i torti altrui; e riparare il male oprato dalla parzialità nel giudicare ed avevano preso il nome di Beati Paoli.
Nel mezzo della notte e nella solitaria spelonca che descrivemmo, tenevano i loro consessi, giudicavano i rei, emanavano tremende sentenze che con esattezza da far raccapricciare erano immantinenti eseguite.
Il mistero ed il silenzio erano le basi fondamentali di quella società, forse immaginata da un animo retto ed amante della giustizia, ma per ignoranza o per privati fini, deviata dal pristino suo scopo. Avvegnacchè non solo pochi uomini non rivestiti di alcuna pubblica autorità si arrogavano il sacro dritto di giudicare e di far porre in atto le sanguinose loro sentenze, ma bene spesso queste accuse, queste sentenze, queste esecuzioni, non erano che vendette volute dalla setta per punire offese arrecate ad alcuno dei suoi membri, come nel prosieguo di questo racconto chiaramente vedremo. Tanto è vero che le umane istituzioni non ispirate e dirette dal solo principio che giammai non erra, cioè della Religione, ancorchè per l’idea motrice non avverse al bene, si pervertiscono sempre e divengono pessime e nocive, essendo informate dello spirito mondano, al male più che al bene corrivo. S'ignora chi fosse il fondatore di questa setta. I Beati Paoli, ipocriti come i farisei spendevano lunghe ore nelle chiese, ostentando devozione. La mattina, con un rosario tra le mani si aggiravano per le piazze, mettendo pace tra i litiganti, calmando i tumulti e con la parola mostrando voler ricondurre l'armonia nelle famiglie. Per le vie, nelle case, e fino nelle allegre brigate s'introducevano. Spediti da questa numerosa setta ed orecchiando, spiando i discorsi e se fosse stato possibile, anche i pensieri altrui, ne facevano poi esatto rapporto al capo ed ai fratelli nelle notturne riunioni, ove l’interesse della società lo esigesse.
Fino a quei giorni, tale segreta associazione non si era occupata di politica; ma vi era tra i suoi membri chi all’iniquo carattere di settario univa quello non meno riprovevole di cospiratore, come già accennammo nel precedente capitolo.
In tale perigliosa società, in mezzo a quegli uomini perversi, era stato condotto lo sciagurato Corrado...



Rosalia Pignone Del Carretto: Un vero amore ovvero I Beati Paoli. L'opera è la fedele trascrizione del romanzo originale pubblicato unicamente nel 1876 dalla casa editrice M. Savastano (Napoli)
Prefazione di Massimo Bonura.
Copertina di Niccolò Pizzorno.
Pagine 210 - Prezzo di copertina € 20,00
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (sconto 15% - consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Disponibile su Amazon e tutti gli store di vendita online.
In libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita centro commerciale Conca d'Oro) Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Macaione (Via M.se di Villabianca 102), La Nuova Ipsa (Piazza Leoni 60).  

martedì 14 maggio 2024

Un nuovo volume si aggiunge alla collana Albatro Randagio: Negare il bene di Giovanni Villino

Salvatore Luce è un giornalista precario alle prese con un lavoro che ama e che disprezza. Il 24 giugno del 2022 la sua vita è destinata a cambiare per sempre. Si ritrova a fare i conti con un omicidio che lo riguarda da vicino. A sua insaputa e, soprattutto, contro la sua volontà, è costretto a compiere un percorso tra il bene e il male. Un cammino che lo porta a scoprire il volto di una Palermo che si rivela ermetica e ricca di misteri. Sono svelati luoghi nascosti del Cassaro, della Piana dei Colli e dei vecchi borghi marinari. 
Persone, parole o dettagli fanno parte di un multiforme mistero, destinato a restare nell'inganno di una verità nascosta e impresso nella memoria. 
 
Ti accolgo in uno spazio e in un tempo dove la realtà si dissolve e prende forma il pensiero. Incontrerai intrighi e misteri. Come in un gioco di ombre e di luci, qui nulla è mai come appare. Ogni verità è conservata, ogni segreto mai svelato. L'ispirazione è la bussola che deve guidarti quando farai i conti con la  nebbia dell'incertezza. Siamo in un mondo dove il confine tra il bene e il male è labile, dove il margine tra l'ombra e l'oscurità è appena percettibile. 
Ti confronterai con la natura umana, con i suoi inganni e le verità nascoste. Nulla della storia andrà comunque perso, perchè ogni parola, ogni dettaglio è parte di un intricato disegno. 
Il viaggio inizia da qui.  
Salvatore F. Luce

Il volume è disponibile: 
dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (sconto 15%, consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Su Amazon Prime e tutti gli store di vendita online.
In libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita Centro Commerciale Conca d'Oro), Feltrinelli ex stazione di Capaci (Via monsignor Siino snc), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), Libreria Macaione (Via M.se di Villabianca 102), Edicola Amico Claudio (Via della Libertà di fronte al n. 197), La Nuova Ipsa (Piazza Leoni 60), Sciortino Giulia (Via Marchese di Roccaforte 62).

venerdì 10 maggio 2024

Luigi Natoli e le rivoluzioni in Sicilia (1820): Indipendenza o morte! Tratto da: Braccio di Ferro avventure di un carbonaro.

 La sera del 15 luglio 1820, la via Toledo sfolgorava di luce, formicolava di gente. Era l’ultimo giorno di quel famoso “Festino” di Santa Rosalia, padrona di Palermo; che per la singolarità degli apparati, per la magnificenza degli spettacoli chiamava a Palermo una folla di isolani e stranieri. 
Quella sera la folla era maggiore, e aveva un aspetto più gaio. Negli occhi, nei gesti, v’era come il riverbero di una gioia, che non si sa né si può nascondere: v’era una irrequietezza, come di chi aspetti una letizia, che sa, e che tarda a venire. Gente si fermava, barattava saluti e parole, con vivacità di tono e di gesti: i più espansivi si abbracciavano. Qua e là si formavan crocchi e capannelli; che si allargavano e ostruivano il passaggio: ma ecco una fiumana d’altra gente fender la folla, urtare, scomporre il crocchio, trascinarne parte con sé.
Curiose fiumane di giovani e vecchi, di frati e preti, di cittadini e di soldati, a braccetto, o tenendosi per mano, affratellati da un sentimento di gioia, che traluceva dai volti, canticchiando e battendo il passo, avevano sul petto, sulle risvolte delle vesti, sulla tonaca una coccarda nera rossa e turchina: alcuni vi avevano aggiunto un nastro giallo con l’aquila siciliana stampata in nero. 
Tutta la via Toledo formicolava di queste fiumane, che si raggiungevano, si fondevano, formavano una massa rumorosa, mobile; che scendeva giù, verso la piazza Marina, si fermava dinanzi al “Carro”; guardava in su, l’immagine della “Santa” librata fra le nubi, sulla cui veste candida e luminosa svolazzava un nastro nero, azzurro e rosso. E allora gridavano: 
- Viva Santa Rosalia!
Una voce aggiunse: 
-  Viva la Costituzione!
Parve il razzo aspettato per dar fuoco alle polveri. Da tutte le bocche proruppe quel grido: - Viva la Costituzione! –; e così terribile che ne tremarono i vetri delle case vicine; migliaia di mani sventolarono in aria cappelli e fazzoletti: il grido si propagò, risalì per la via Toledo, più alto, più entusiastico: la città trasaliva, scossa da quell’irrompere di un sentimento lungamente represso; e pareva che i suoi polmoni si allargassero, come bevendo un’aria nuova e più pura. 
Intorno a Tullio e al narratore si era formato un grosso capannello, che allargandosi pel sopraggiungere di altra gente, e dei fuggitivi, che volevano sapere almeno perché erano fuggiti, diventava a poco a poco folla. Qualcuno aggiungeva un particolare nuovo, il racconto si moltiplicava; i commenti ne esageravano la portata. V’erano i “bene informati”, quelli che “possono saper la cosa meglio degli altri”, che hanno “confidenze coi pezzi grossi” di cui tacciono il nome, i quali spiegavano gli avvenimenti e predicevano quelli avvenire. Tullio prendeva parte vivissima a questi discorsi, esponendo con calore di un neofita il programma dei Carbonari, e la folla l’udiva volentieri, consentendo e approvando. 
Mentre così parlavano, ecco un rullar festoso di tamburo, e un gridar di mille voci. Tutti si voltaron con ansia e con sospetto; al lume dei lampioncini e delle lampade vedono una nuova folla avanzarsi, preceduta da un popolano che batteva un grosso tamburo, e da un alfiere che levava in alto sopra un bastone come un trofeo un cappello piumato da generale. Era il cappello del generale Church. Una massa di giovani popolani vedendosi sfuggire il collerico irlandese, e non potendo sfogarsi altrimenti, era corsa a devastargli la casa e ad appiccarvi il fuoco; e se ne ritornava adesso portandone in giro il cappello, oggetto di scherni, di lazzi plebei. La folla passò oltre urlando e ridendo; ma gran parte vedendo quella calca ferma intorno a Tullio che gesticolava, lasciato il cappello del Generale, si fermava anch’essa. Qualcuno aveva gridato che non era da sperar presto l’indipendenza; che secondo le notizie di Napoli e le istruzioni date al generale Naselli, ci sarebbe stato un solo Parlamento a Napoli. 
- Noi siamo soltanto una provincia di Napoli!
Queste parole sollevarono urla di protesta e di minacce.
- No! No! Questa costituzione è una truffa! Ribadisce la nostra servitù! Vogliamo l’indipendenza!...
- Il re ci tradisce!  - gridava Tullio – bisogna sventare i suoi disegni. Se noi saremo forti, costanti e unanimi, gli imporremo la costituzione e l’indipendenza, saremo uomini liberi e avremo la nostra dignità, invece di essere provincia di Napoli! È inutile far chiacchiere, ci vogliono i fatti!
- Ha ragione! Ha ragione!
- Noi non eleggeremo nessun deputato pel Parlamento a Napoli. Li eleggeremo per quello del regno di Sicilia!
Altre grida di approvazione risonarono per l’aria. Un frate che fino a quel momento era stato ad ascoltare, levò in alto le mani, e con voce potente, dominando il tumulto, esclamò:
- Ha ragione, nessun deputato per Napoli! Vogliamo l’indipendenza! Figliuoli miei, giuriamo! Giuriamo di essere costanti e forti; o indipendenza, o morte!
Queste parole parvero un motto, un’impresa, un vessillo; nel loro ritmo poetico esprimevano il pensiero e il sentimento comune; la folla le ripetè, le fece sue, le adottò come grido di guerra. Alzando la mano, come per chiamare Dio in testimonio, gridò: 
- Viva fra Gioacchino! viva!... O indipendenza o morte!
Questo giuramento, in quell’ora, fra le lampade che splendevano nei balconi, sulle piramidi, sugli archi, aveva qualcosa di grande e di suggestivo; si ripercosse, volò, si diffuse; agitò gli animi, sollevò entusiasmi e ardori guerreschi. 



Luigi Natoli e le rivoluzioni in Sicilia (1820): Per noi siciliani vi è ancora un altro fine da raggiungere, l'indipendenza dell'Isola... Tratto da: Braccio di Ferro avventure di un carbonaro.

 
- Voi siete capitato, o forse siete stato guidato dalla Provvidenza in una “Vendita di Carbonari”, – disse l’uomo mascherato. – “Vendita”, nel nostro linguaggio, significa il luogo delle nostre riunioni. La necessità di tener segreto, agli occhi di tutti ciò che facciamo e diciamo, consiglia l’uso di un linguaggio particolare. 
- Un gergo?
- Sia pure un gergo. Credo dunque, sia stata la Provvidenza che vi ha guidato qui; perché voi sarete un Carbonaro o, come diciamo fra noi, e come avete udito, un “Buon Cugino” dei più validi. La nostra società ha bisogno d’uomini forti e coraggiosi, e soprattutto onesti pel raggiungimento del nostro fine.
-  Qual è questo fine?
- La liberazione degli uomini dalla schiavitù… Che cosa siamo noi? Degli schiavi. Che cosa vogliamo essere? Uomini liberi. Questo è il fine comune di tutti i Buoni Cugini sparsi nel mondo. Per noi Siciliani vi è ancora un altro fine da raggiungere; l’indipendenza dell’isola, la restaurazione della sua autonomia violata, calpestata dal vecchio Borbone traditore. Noi vogliamo la indipendenza e la libertà; indipendenza da Napoli con governo nostro, e costituzione come quella spagnuola. Questo programma, compie l’altro, comune a tutti i Carbonari, che è quello del perfezionamento umano… Andiamo incontro a grandi pericoli, a persecuzioni, a supplizi: la morte sta quasi perennemente sospesa sopra il nostro capo, ma che importa? Essa non può nè deve arrestarci. Siate dei nostri, Tullio Spada: non negate il vostro braccio alla santa causa…
Egli aveva seguito quel discorso con viva attenzione; v’era qualche cosa che gli rimaneva ancora oscura e misteriosa; ma ve n’era qualche altra abbastanza chiara, e che nel suo cuore di Siciliano parlava con l’eloquenza della tradizione e dell’orgoglio ferito: l’indipendenza dell’isola. 
Quand’anche i Carbonari non avessero cospirato che per questo solo, egli si sarebbe tuffato nella cospirazione
- Noi – continuò il Buon Cugino, – siamo alla vigilia di un grande avvenimento. Palermo è piena di “Vendite”; abbiamo “Vendite” a Messina, a Catania, a Siracusa, perfino in piccoli paesi. La verità si fa strada. Su tutto il regno di Napoli le “Vendite” hanno distesa una rete di cospirazioni, se così vi piace chiamare i nostri lavori; l’esercito è con noi. Vi sono “Vendite” a Roma e in tutto lo Stato Pontificio; nel Piemonte, in Lombardia, in Francia… Dappertutto si lavora, contro la tirannia e l’oscurantismo. 
- Ebbene, sì, – disse Tullio Spada, – lavorerò anch’io, accettatemi fra voi. Conducetemi…
- Piano. Non si entra così facilmente nella “Baracca”…
Tullio interrogò con gli occhi: che cosa era questa “Baracca”?
Il Buon Cugino sorrise.
- La “Baracca” è la sala dove si tengono le riunioni. Per entrarci, bisogna compiere alcune formalità. Voi aspetterete bendato nella “ramosa foresta” cioè in una stanza che precede quella delle adunanze. Tutto questo, voi già lo capite, è un linguaggio simbolico. In origine ai tempi di San Tebaldo, nostro principe Gran Maestro, i suoi discepoli, che furono veramente dei carbonai, vivevano nella foresta, e si raccoglievano nelle baracche di legno. Da ciò i vocaboli che noi adoperiamo. Voi dunque aspetterete nella “foresta” dove un altro Buon Cugino, il Maestro di cerimonie, verrà per guidarvi… Vi avverto che sarete costretto a subire prove assai dure. Siete coraggioso?



Luigi Natoli: Braccio di Ferro avventure di un carbonaro. Romanzo storico ambientato nella Palermo del 1820. 
L'opera è la fedele trascrizione del romanzo originale pubblicato in dispense con la casa editrice La Gutemberg nel 1930. 
Copertina e illustrazioni di Niccolò Pizzorno. 
Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (sconto 15%, consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Su tutti gli store di vendita online e in libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita centro commerciale Conca d'Oro), La Nuova Bancarella (Via Cavour), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), Libreria Macaione (Via M.se di Villabianca 102), La Nuova Ipsa (Piazza Leoni 60)

mercoledì 8 maggio 2024

Il tema dei Beati Paoli nelle pubblicazioni de I Buoni Cugini editori

Seguendo la traccia del professore Francesco Renda sulla elaborazione del tema dei Beati Paoli nella letteratura siciliana, abbiamo iniziato la nostra non semplice ricerca su tutte le pubblicazioni che hanno al centro la storia della misteriosa Setta.
Abbiamo iniziato nel 2016 con:


I Beati Paoli o La famiglia del giustiziato (dramma in  atti) di Benedetto Naselli
, rappresentato in Palermo il 21 dicembre 1863 nel Real Teatro di Santa Cecilia e mai più ripubblicato. Dalla premessa dell'autore, si presume che la storia sia vera: "Ho svisata in menoma parte la storia, solo quando convenienze di nomi o di luoghi non permettevano dire la verità, del resto tradita mai, perchè tratta da cronache e da libri, che a mercè della squisitezza del toscano signor Ottavio Venturi, direttore di quel locale, mi pervenivano". Come sottolinea il professore Renda "La pièce teatrale del Naselli fu probabilmente il documento letterario più dissacrante della leggenda dei Beati Paoli. Tutto considerato, nondimeno, pur con quella singolare vicenda coinvolgente in malvagità non il singolo affiliato bensì addirittura il capo, la nomea giustiziera e vendicatrice della setta non venne scalfita, ma trovò ulteriore motivo di conferma". 



Nel 2022 abbiamo pubblicato: 

I Beati Paoli di Luigi Natoli
. Romanzo storico siciliano. Pubblicato per la prima volta in appendice al Giornale di Sicilia nel 1909/1910, nel 1921 e nel 1931 in dispense con la casa editrice La Gutemberg. 
Dopo la morte dell'autore (25/03/1941) il romanzo è pubblicato dalla casa editrice La Madonnina nel 1949 e nel 1955, da "L'Ora" nel 1955, dalla casa editrice Flaccovio nel 1971 seguita poi da successive edizioni. Non mi soffermo sulla trama e sui personaggi, bensì sulla storia vera e propria della struttura del romanzo. Così come tutti i romanzi di Luigi Natoli, non si sa per quale motivo, la casa editrice La Madonnina (che pubblicò quasi tutti i romanzi dell'autore) apporta modifiche al testo sia nel linguaggio, ammodernandolo o adeguandolo alla morale dell'epoca, sia alle dinamiche della storia stessa. Le successive edizioni hanno riportato le modifiche fatte. Anche il romano I Beati Paoli ha fatto lo stesso percorso e subìto queste violenze con aggiunzioni, soppressioni e rielaborazioni delle frasi. Quanto detto, è indicato in modo più preciso nella nota dell'editore del volume edito da I Buoni Cugini editori nel 2022, che è la fedele trascrizione dell'unico romanzo originale pubblicato in dispense dalla casa editrice La Gutemberg nel 1931. 

Si aggiunge oggi:

Un vero amore ovvero I Beati Paoli di Rosalia Pignone del Carretto, pubblicato unicamente nel 1876 a Napoli con la casa editrice M. Savastano. 
Il professore Renda lo cita dichiarandolo introvabile: "Forse perchè stampato a Napoli, pure la diffusione dovette essere molto limitata. Non circolò nei canali istituzionali del mercato librario isolano; tant'è che non se ne trova copia nelle biblioteche di Palermo e nessuno degli studiosi dei Beati Paoli ne dà notizia tra i testi della propria bibliografia". 
Eppure lo abbiamo trovato... e Massimo Bonura nella sua prefazione al romanzo specifica: "Questo libro di Rosalia Pignone del Carretto non è un semplice romanzo su cui il lettore pone il proprio sguardo, ma si tratta di un testo tratto in salvo dall'oblìo. E' un volume prezioso e atipico per la letteratura del tempo. Per tanti motivi. E' uno dei primissimi romanzi sul tema della setta dei Beati Paoli. Il titolo è azzeccatissimo perché il vero amore è il motore dell’opera: l’amore familiare incondizionato, quello casto e puro degli amanti e dissoluto dei “perditori”; l’amore estremo per la Patria, per la religione, il governo, gli amici; l’amore sotto ogni forma, anche per la stessa vacuità. E poi ci sono loro: i Beati Paoli, con il loro spirito che aleggia su tutta l’opera, con il loro tetro mistero e il fascino inscalfibile “dell’infame sinedrio” criminale (e in questo romanzo pure politico) che ne mantengono vivo e inalterato ancor oggi il loro mito.

Le copertine sono opera di Niccolò Pizzorno. 
Continueremo le nostre ricerche, altri testi ci attendono... Continuate a seguirci. 

I volumi sono disponibili: 
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (sconto 15% - consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Su tutti gli store di vendita online e in libreria presso: 
La Feltrinelli libri e musica (via Cavour e punto vendita centro commerciale Conca d'Oro), La Nuova Bancarella (Via Cavour), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), La Nuova Ipsa (Piazza Leoni 60), Libreria Macaione (Via M.se di Villabianca 102)