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giovedì 22 novembre 2018

Cecilia Lavopa: Noir all'improvviso. Il Booktrailer.


Cecilia Lavopa: Noir all'improvviso
Raccolta di 15 racconti noir con prefazione di Marilù Oliva e disegni di Michele Finelli.
Prezzo di copertina € 15,00
Sconto del 15% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it

Cecilia Lavopa: Noir all'improvviso

Cristina, Ester, Michele, Irene. Solo alcuni nomi di gente comune descritta in scene di vita ordinaria che all'improvviso si trova catapultata in un terribile incubo. Quindici racconti neri, quindici storie che nascondono il male che si annida dove meno te lo aspetti. Atmosfere di pericolo, di disagio e di paura fanno da sfondo alle vicende nelle quali anche il lettore potrà immedesimarsi, in un crescendo di suspense e di orrore. 
 
Questo libro è un gioiello, un esordio strepitoso, perché – ponendo in successione quindici inquietanti tasselli noir – ci dà uno spaccato attendibile della nostra società, degli stati d’animo che ci agitano, delle paure più profonde che ci attanagliano, dei rancori e dei dispetti che ammorbano l’aria. E lo fa mettendo in scena personaggi che calzano a pennello nei ruoli stabiliti: da questi emergono, in ogni parabola, il lato oscuro degli uomini e quelle ombre talvolta così nascoste che soltanto quando escono allo scoperto rivelano la propria portata malefica. Ma a quel punto, ormai, è troppo tardi.
Marilù Oliva
 
I 15 racconti di “Noir all’improvviso” sono frammenti di vita oscura, quella che si mette e si tiene in catene e se ne soffoca il respiro con un morso di perbenismo fino a quando è possibile, sperando che l’assuefazione, l’abitudine e una silente accettazione dell’esistenza, la possano estinguere, cancellare, predare di ogni pulsazione che cova sotto una cenere che resta comunque intatta, una coltre a protezione di un destino avverso pronto a compiersi con ferocia. Nero e attimo collimano, si uniscono e si sovrappongono fino a diventare omicidio malato, nevrotico, d’opportunità.
Gianpaolo Zarini

mercoledì 21 novembre 2018

Ivan Ficano: Cosa vuoi sentirmi dire. Recensione di Cecilia Lavopa (Contorni di Noir)

http://contornidinoir.it/2018/07/ivan-ficano-cosa-vuoi-sentirmi-dire/

Quanto sono importanti le parole? Quanto possono pesare o, al contrario, alleggerire una verità?

Anni fa mi cimentai nella lettura di un autore, Josè Saramago. Il libro era “Cecità” e io rimasi sconcertata dallo stile senza punteggiatura, senza le regole più elementari della forma delle frasi. Il suo modus anticonformista mi incuriosiva, oltreché il testo così potente, così attuale, come quel romanzo. Non è facile colpire un lettore ossessivo compulsivo come me, a un certo punto le storie si somigliano, le trame si intrecciano, gli stili si confondono. E il gioco di parole che Ivan Ficano fa con questo testo va al di là della punteggiatura. Ho cominciato storcendo il naso, chiedendomi il motivo per cui puntare su questa particolarità, ma dopo una decina di pagine ero talmente spinta dalla curiosità, che ho dimenticato tutto il resto.

Ma chi sono i protagonisti di questo libro? Sono Gigi e Chiara, all’inizio due perfetti sconosciuti uno per l’altra. Ma il destino può cambiare. O “si può” cambiare? Gigi è molto sicuro di sé e della sua parlantina, sa cosa gli altri vogliono sentirsi dire e agisce di conseguenza. E’ come se una donna indossasse un abito inadeguato e gli ponesse la domanda “Come mi sta?” e lui sa cosa vuol sentirsi rispondere: “Bene!” E’ bravo, Gigi, con le parole. Gli amici lo sanno, lo ammirano per questa dote, vorrebbero essere come lui. Ma siccome non lo sono, si affidano alle su capacità per trovare le parole adatte alle varie situazioni. Inizia così un vortice di inganni, di seduzioni, di  giochi di luci e ombre. Lo sa bene Chiara, che dalle sue frasi si fa incantare, ne diventa dipendente. Chiara che si trova sotto i riflettori, bella e affascinante. I sentimenti per Gigi sono forti, ma anche contrastanti.

E’ un rapporto di coppia come tanti altri, con i suoi alti e bassi. Ma Ficano ci manda segnali ben precisi: attenzione, lettori. Quello che state leggendo è un sottile e perverso monito ai sistemi di comunicazione che abbiamo oggi, basati su una tastiera e un video, che sia un telefono o un computer, dietro i quali non sappiamo mai chi ci sia davvero.

Non a caso, i telegiornali sono pieni di notizie di questo tipo: adolescenti che si fanno adescare da maturi pedofili che si spacciano per ragazzini, donne e/o uomini alla ricerca di una “relazione” internautica, poco impegnativa e border line dal punto di vista del presunto tradimento del coniuge. Come se a parlare di sesso senza vedersi o conoscersi sia meno grave. Ma cosa attira l’essere umano a partecipare a questi giochi virtuali? In un mondo in cui la notizia arriva quasi ancora prima che accada e la foto di bambini morti gira sul web come fosse normale, in un mondo in cui ci siamo abituati a vedere il male e rimanerne anestetizzati, ma stupidamente ci facciamo conquistare dall’ignoto al di là dello schermo, questo libro inganna anche noi, come lettori, convinti di trovarci di fronte a un divertissement che cela un noir, cupo e avvolgente. E se Gigi, con le parole, è un vero affabulatore, lo è anche Ivan Ficano, che ci conduce sadicamente a un finale che lascia basiti.

Riporto un pezzo che mi è piaciuto molto di questo libro:
“(..) è così che si fa, bisogna dire ciò che gli altri vogliono sentirsi dire. È così che si sta bene in questo mondo del cazzo, con i pensieri degli altri e con le parole che piacciono agli altri. Tu dici le cose che vanno dette e gli altri lo chiedono a te. Chiedere “cosa vuoi sentirmi dire?” e dire esattamente quello. E ognuno intanto si tiene i propri pensieri, chi se ne fotte di dire la verità, ché la verità è un fatto privato, una questione intima.

Vado un momento fuori tema, se così si può dire, in merito ad una delle tante richieste di recensioni che ricevo puntualmente da editori o scrittori e, in un caso particolare, la lettura non è stata foriera di un parere estremamente positivo: molti refusi, storia non strutturata, inesperienza. La critica è stata severa, ma sempre nel rispetto del lavoro altrui e con l’obiettivo di far notare le carenze e fare in modo che uno cresca e si migliori. La reazione è stata aspra, feroce, con l’arroganza di chi non ama il confronto. Ed è qui che calza a pennello la frase che vi ho riportato. E voi, cosa vorreste sentirvi dire? Le parole hanno un peso, ce lo ricorda Ficano. Una storia originale che mi auguro non rimanga un prodotto di nicchia, considerato il target delle pubblicazioni di questi ultimi anni.

Cecilia Lavopa
Ivan Ficano: Cosa vuoi sentirmi dire. 
www.ibuonicuginieditori.it 


Ivan Ficano: Chiara non ha ancora capito... - Tratto da: Cosa vuoi sentirmi dire. Collana Albatro Randagio

chiara non ha ancora capito perché vuole quel tubino di pizzo nero, però è la terza volta che si ferma davanti alla vetrina e se le prime due volte c’è passata per caso, stavolta l’ha fatto apposta. alla fine costa poco, non è il caso di fare tante storie per una cifra così, però non ha mai comprato un vestito in questo modo, a prima vista. come quelle che vedono un abito e dicono “lo voglio!” e subito entrano in negozio e se lo comprano. secondo lei è una messa in scena, nel senso che lo avevano deciso da tempo e fingono di comprarlo al volo. il vestito in vetrina non costa molto, questo sembra pacifico, anche se non c’è una regola generale che stabilisca il prezzo giusto, ma se si è con un’amica che ti dice “costa  troppo”, allora è facile stabilire il valore, tutti sono d’accordo e il problema è risolto, poi una decide liberamente, però almeno lo sa. ma adesso che è sola? aveva chiesto aiuto a elisabetta, la sua migliore amica, ma quella al cellulare era stata lapidaria: “se ti piace compralo” e buonanotte. poi dipende anche da quanto si guadagna, tutto va rapportato a quello. per adesso chiara guadagna pochino, anzi, guadagna da schifo, ma è un periodo così, aspetta di sistemare un po’ di situazioni e poi le cose cambieranno di sicuro. comunque una cosa certa è tenere conto della qualità, e anche della marca, ché la marca... lo stile... queste cose contano pure, non c’è niente di male a confessarlo. lo stile non viene da sé, gratis. lo stile costa, c’è un sacco di ricerca dietro, e questo chiara lo sa.
perfetto, a quanto pare il vestito vale quel prezzo, si è capito. ora il punto è stabilire se lei valga il vestito, e questo non è un fatto di bassa autostima, del tipo “non sono una strafiga”, perché sa bene di essere carina. lei piuttosto si chiede se il vestito s’intoni bene con la sua personalità, la sua vita, la sua cerchia di amicizie; se tutto il quadro insomma sia coerente con l’idea di possedere proprio quel tubino di pizzo nero. “mi odio”, pensa chiara scuotendo la testa... “quando faccio così, mi odio con tutta me stessa, giuro”. entra in negozio e compra il vestito veloce veloce, prima che ci ripensi.
Chiara è fatta così. Pensa, pensa sempre alle possibilità. Ogni azione, ogni scelta si porta appresso la perdita delle altre scelte, quelle scartate. È come fare un passo indietro, invece che avanti. Anzi cento passi indietro. Ogni mossa in una certa direzione è una strage di cento altre direzioni. Un’ecatombe di possibilità, forse migliori.
Sullo scontrino, dietro, scrive “la commessa anziana con la faccia da dirigente delle Poste pensa sempre al suo parrucchiere che la coccola più del marito. sogna di rimanere sola con lui per ore ed ore tra shampoo, impacco e frizione curativa”. Poi lo conserva in borsa, nella piccola tasca insieme agli altri scontrini della giornata. 

Ivan Ficano: Cosa vuoi sentirmi dire. Collana Albatro Randagio
Prezzo di copertina € 13,00 - Pagine 120
Disponibile in libreria e in tutti i siti di vendita online. Disponibile dal catalogo prodotti del sito www.ibuonicuginieditori.it 

Max Deliso: Raul Sciabolado. Tratto da: Breve storia di Rosita e Kaplan.

Sono stato contattato per la mia prima particina da contro-pene, il passo iniziale che mi scaraventerà lontano dal triste anonimato di provincia e mi farà intraprendere una gloriosa e fulgida carriera da pornostar.
La sveglia è suonata prestissimo, alle undici e trenta, quindi colazione Balboa con sei uova crude, forse scadute, e reazione fisica paramilitare. Nel primo pomeriggio mi sono fatto trovare sul set puntuale come una puntata di Uomini e Donne, emozionato a guisa del primo giorno di scuola che, tra l’altro, non ricordo.
La responsabile del casting, un’avvenente americana di nome Posh, mi ha fatto accomodare nel camerino, un cesso con un asse sulla turca e uno specchio rotto sopra il lavandino arrugginito. Il protagonista che dovevo contro-penare era Raul Sciabolado, un nano ex mattatore del circo Berrettoni caduto in disgrazia, leggenda vuole, per il furto di alcuni panini con le sardine, ma che si era costruito, successivamente, una solida carriera nel mondo hard in virtù di misure genitali poco ortodosse e di una resistenza fisica fuori dal comune. Soprannominato La trivella della pampa, Raul ostentava disprezzo per noi contro-peni impartendo ordini secchi a destra e a manca, rompendo i coglioni a tutti e accattivandosi le antipatie di ogni membro della troupe, sarte lesbiche comprese. Io ero la riserva della riserva della riserva, per questo mi sono accomodato in panchina a bordo letto, pronto a intervenire in qualsiasi momento, in compagnia di alcuni fumetti quali Il Montatore e Corna Vissute. D’un tratto, introdotta da un pezzo dei Porno for Pyros, fa il suo ingresso in sala Anka Slobodan, in arte “La tritanerchie di Zagabria”, mitica Vamp dell’eros est-europeo, un puttanone old style assolutamente super fashion, gentile, affabile e con un retrogusto di alitosi indecente. Subito dopo il ciak, il primo contro-pene, uno studente di biologia fuori sede di Fagagna, parte veemente e ansimante gettandosi addosso ad Anka che lo accoglie con la sua sesta misura. La prestazione maiuscola, sette e mezzo nel pagellone post coitum del regista, rende inutile qualsiasi intervento delle riserve, la scena termina dopo sette minuti con un gran finale tuonante del nano argentino. Per merenda pizza al taglio con le acciughe. La mia serietà ha fatto colpo sul produttore che si metterà nuovamente in contatto con me la prossima settimana, pare che lo studente di Fagagna abbia un esame e quindi potrei essere promosso. Con i sessantacinque euro del compenso, pagati cash, ho comprato un mazzo di rose gialle e una scatola di Palle di Mozart in piazza a Salisburgo.

Max Deliso: Breve storia di Rosita e Kaplan
Pagine 146 - Prezzo di copertina € 14,00
Disponibile in libreria e in tutti i siti di vendita online.
Sconto del 15% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 

Marco Gregò: Nella terra del sole che sboccia. Recensione di Raffaella Tamba. (Libroguerriero.it)

Al centro di questo originale e sorprendente romanzo scritto dal giovanissimo Marco Gregò (nella foto sotto), è il tema del ricordo non come un elemento del passato da conservare relegato in un piccolo cantuccio della mente, ma come essenza viva e tangibile della vita di ogni giorno. I ricordi sono il filo conduttore della narrazione che si svolge su più binari paralleli: quello del protagonista Albatro, io narrante in prima persona, in una sorta di racconto immediato, spontaneo, senza filtri; quello di Albatro in forma di diario, più sommesso e quasi lirico; quello di due cani abbandonati, Cane Grigio ed Oliver che rappresentano la prospettiva più intima delle emozioni dei protagonisti umani. Intorno ad un medaglione con al centro la lettera A, ritrovato dal cucciolo Oliver, Cane Grigio, con un registro linguistico leggero e poetico come quello delle fiabe, tesse la trama di una storia che inizia come una favola improvvisata e acquista via via realismo e passione fino a diventare la trama principale del romanzo. I capitoli alternano i tre punti di vista, offrendo al lettore la visione a 360° delle emozioni di un giovane alla ricerca della realizzazione professionale, della ragazza perduta e della felicità. Albatro è uno scrittore mancato, alla stanca ricerca di qualcuno che accetti il suo libro, un libro diverso da tutti gli altri, perché lui non voleva seguire le strade semplici per arrivare al successo: “Non sopportava l’idea di accaparrarsi il cuore dei lettori facendo leva sulle loro ferite più profonde. Pensava che fosse troppo semplice arrivare al cuore degli altri con la morte. Lui voleva arrivarci con la vita”. Il fallimento professionale gli offre l’alibi psicologico per crogiolarsi nell’insoddisfazione sentimentale. Le prime pagine vedono infatti la drastica rottura della relazione tra Albatro e Julie, una relazione di lunga data che avrebbe potuto essere molto probabilmente amore vero se fossero stati entrambi capaci di accettarlo anche nelle sue sfaccettature negative: “Potevamo cammuffare la nostra malinconia con felicità da passeggio, fingendo di stare bene, di viverla ok. Ma lala fine arrivava. Un viaggio breve. Scendeva in un baleno. Ed eravamo i maestri di cerimonia della tristezza che dovevano trovare qualcosa da fare per non accartocciarsi su se stessi”. 


E a quella tristezza, cedono. Albatro, per primo, non riesce o non vuole compiere quel semplice passo di accettare la felicità. È più facile, a quel punto, sentirsi eroicamente infelice. Perde la fiducia in Julie che, a sua volta, perde la fiducia in lui. Un’altra delusione cocente, che lo porta a cercare la donna amata non più nella realtà, ma nella propria immaginazione (“Gli uomini vivono delle cose che perdono”).  Il mondo che circonda Albatro, la libreria in cui lavora nonostante l’antipatia per l’acido e severo titolare, l’amicizia semplice, sincera e devota del rozzo Fazzoletto, la confidenza discreta e fedele del barista Pixel, la disponibilità dolce e generosa del vecchio barbone Enzo, “uno di quelli che metteva da parte se stesso per mostrarti quanto vali”, sono gli affetti che lo nutrono e lo proteggono. Il giovane tuttavia respinge il conforto del suo ambiente circostante e concreto, per correre dietro a quell’amore perduto e al sogno di diventare scrittore, ben sapendo che nessuna delle due cose, conquistate, gli darebbe la vera felicità. È una fuga nel surreale, che gli richiederà un prezzo altissimo.  La maturazione definitiva di Albatro è simboleggiata dalla splendida poesia “Se avessi potuto tenerti per sempre”, nella quale, ancora una volta capovolgendo il banale, l’autore rivela il grande valore della ‘banalità’ della normale vita quotidiana coniugale, nella quale ogni gesto, ogni abitudine, ogni rituale anche quelli più incresciosi o snervanti, sono un’infelicità che non va perduta, perché perdere i dolori è come perdere se stessi, non si può vivere senza guardare dentro l’oceano che siamo stati”. Il leit-motiv del sole, la cui immagine quasi personificata chiude ogni capitolo, accompagna tutti i personaggi, come una guida profonda e solenne, alimentandosi delle loro emozioni: nell’incertezza e nella paura, “il sole non era ancora sbocciato”, o “il sole era ancora distante”; nella rabbia, nel rancore, nella violenza, “gli uomini visualizzavano il sole senza dargli ascolto” o “il sole non ricordava più nulla”; solo nelle ultime pagine, con l’accettazione che porta serenità, all’orizzonte, si vede, finalmente che “il sole era appena sbocciato”.

https://libroguerriero.wordpress.com/2017/10/18/nella-terra-del-sole-che-sboccia-di-marco-grego-i-buoni-cugini-editori/
Marco Gregò: Nella terra del sole che sboccia. Collana Albatro Randagio. (www.ibuonicuginieditori.it) 




Marco Gregò: Albatro 1999 - Tratto da: Nella terra del sole che sboccia. Collana Albatro Randagio

Lo posò a terra con un principio di asfissia e, sempre senza mollare la presa, lo trascinò per tutta la casa fino all’ingresso, poi aprì la porta e lo buttò fuori come un mozzicone di sigaretta. Sbatté la porta e gli gridò da dietro l’ultimatum.
 «E non tornare senza il Blackdog!»
Il ragazzino si ricompose tremante. Era così scosso che perfino le lacrime scendevano scomposte, accumulandosi negli occhi come se volessero cadere tutte insieme. 
Quella al supermercato era stata un’ora buttata via: in quel giro di compasso avrebbe potuto leggere molte pagine mentre adesso anche quello gli era stato negato.
Scese in strada, nel suo quartiere malandato a osservare il cielo grigio e si trascinò verso un nuovo supermercato ma, senza soldi e stremato, si lasciò cadere sul ciglio della strada, a pochi metri dal market.
Danilo per istinto si frugò nelle tasche. Sapeva bene che non c’erano soldi. Le sue dita toccarono un pezzo di carta. Lo tirò fuori. Era la pagina strappata di un libro, accartocciata e sfuggita alla pazzia di suo padre. Salvata dalla mano tremante nel buio di una tasca. Stese il foglietto per bene e si mise a leggere quei versi sopravvissuti:
“Il poeta è come quel principe delle nuvole
che sfida la tempesta e ride dell’arciere
ma in esilio sulla terra, fra gli scherni
con le sue ali da gigante non riesce a camminare”
Riconobbe la poesia. Era L’albatro di Baudelaire e un lampo di commozione rimise ordine nelle sue lacrime che cominciarono a scendere consapevoli.
«Perché piansgi?»
Danilo alzò subito gli occhi e vide una bambina davanti a lui, vestita molto bene, con i capelli tutti in ordine, una borsettina e le mani dietro la schiena. Si asciugò con frenesia le lacrime che più non gli ubbidivano.
«Sì, no non… non sto piangendo!» Mentì abbassando subito lo sguardo.
«Sì che stai piansgendo».
«No! Invece». Rispose senza avere il coraggio di guardarla negli occhi.
«Ti dico di sì».
«Oh ma che vuoi? Vattene! Vattene subito!»
«Come ti chiami?»
«Ti ho detto di andartene subito, ma lo vuoi capi...»
L’ultima parola gli morì in bocca guardandola negli occhi. Quella bambina, era la stessa che pocanzi gli aveva soffiato la bottiglia di rum.
«Ti serve questa?»
Prese da dietro la schiena il Blackdog e lo diede a Danilo stupito che, con molta ingenuità, lo accolse tra le mani.
«Ma come? Ma?…»
«Ti ho visto, sai? Ti ho visto come sci guardavi. Ho capito che la volevi tanto. Io abito qui di fronte, ti ho visto dal balcone e ti ho riconosciuto. Ho pensato che venivi qua per cercare quella bottiglia ma poi ti sei seduto a piansgere e allora l’ho rubata a papà, tanto lui ne ha tantissime diverse e neonche le usa. Doveva regalorla ma ne potrà prendere un’altra, oui.. Come ti chiami?»
«Io non… non so cosa dire… non so come ringraziarti..»
«Se proprio vuoi ringraziarmi, pourquoi tu non mi lesgi questo?» Disse la bambina pigliando un libro dalla borsetta.
«Vuoi che io te lo legga?»
«Oui, così magari possiamo diventare amisci, io ho tantissimi libri a casa ma papà non me li lesge mai, lavora sempre, come maman. Così ho pensato che puoi lesgermeli tu e in cambio io ti porto tutte le bottiglie che vuoi, tanto papà non se ne accorsgerà mai».
«Ma… sei sicura?»
«Certo! Dimmi come ti chiami, ora».
«Mi chiamo…» Danilo si fermò a pensare, poi proseguì. «Mi chiamo Albatro, tu?»
«Io mi chiamo Julie». Rispose tendendo il mignolino verso Danilo che rimase esitante.
«Allora? Diventiamo amisci o no, Albatrò?»
«… Amici».
E i mignoli si strinsero forgiando una catena inseparabile.
Il sole non era ancora sbocciato.



Marco Gregò: Nella terra del sole che sboccia.Collana Albatro Randagio. 
Con le illustrazioni di Vieri Sorrentino. 
Prezzo di copertina € 17,50 - Pagine 230
Disponibile presso Librerie Feltrinelli e in tutti i siti di vendita online. 
Sconto del 15% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it


Marco Gregò: Dopo quello che hai detto... Tratto da Nella terra del sole che sboccia. Collana Albatro Randagio

Finì tutto quella sera. Eravamo andati in libreria, c’era una presentazione fantastica: David Sedaris. Si era divertita tantissimo e pure io, tuttavia non riuscivo a sopportare quel gelo tra di noi. Era insostenibile. Acquistammo entrambi una copia del libro e lo facemmo autografare. L’autore era simpaticissimo come nei suoi libri ed io non vedevo l’ora d’iniziare a leggere il suo ultimo lavoro.
La libreria era parecchio distante da casa, quindi assodammo che avremmo mangiato fuori. Julie poteva fare tardi, la mattina che la attendeva era la sua giornata libera e non aveva lezioni all’università.
Ci mettemmo a sbirciare i libri. Il negozio era molto grande, diviso in varie sezioni. Diedi un’occhiata sugli scaffali alla ricerca dei romanzi che cercavo da qualche tempo, ma anche qui la mia ricerca fece fiasco. È assurdo come l’editoria permetta che tanti capolavori vadano fuori catalogo senza muovere un muscolo per impedirlo.
Mentre io setacciavo la libreria, Julie si fermò a parlare con un tipo sulla trentina, riccioluto, con una di quelle barbe che iniziavi a prendere in antipatia per il solo fatto che qualcuno osasse portarla. Gli sorrideva, era carina e garbata con lui anche se non l’aveva mai visto prima d’ora. Con me non le accadeva ormai da mesi. Bizzarro come delle volte diventiamo estranei agli amori e amorevoli con gli estranei.
Presi un volume e glielo mostrai da lontano alle spalle del tipo ma lei mi fulminò con lo sguardo. Rimisi a posto e mi zittii.
Dopo diversi minuti la vidi scambiarsi un bigliettino con il tizio e la cosa mi fece imbestialire. Uscii furioso e mi avviai alla macchina. Era impensabile una cosa del genere. Ma lei mi notò e arrivò pochi secondi dopo.
«Che cavolo stai fascendo?» Mi domandò salendo in auto.
«Niente, sai com’è, vedo la mia ragazza scambiarsi bigliettini amorosi con un perfetto sconosciuto». Misi in moto e mi avviai.
«Dio mio, Albatrò! Ma disci sul serio? Stavo solo cercando di essere sgentile, era tanto carino, non abbiamo fatto nulla. Guarda, lo butto!» Aprì il finestrino e lo gettò via.
«Sì? Beh anche le cassiere dei megastore sono molto gentili ma non scambio numeri di telefono con nessuno! E comunque è una questione di principio, non si tratta solo di uno stupido bigliettino».
«…Io... io non ti riconosco più... è incredibile come sei diventato».
«Come sono diventato? Ma che stai dicendo? Ma ti sei vista? Chi ti credi di essere per trattarmi così? Va’! Va’ a scopartelo visto che ti piace tanto! Mi fai schifo Julie!»
Il silenzio intorno a noi ricoprì tutto come lenzuola gelate.
«…Albatrò... dopo quello che hai detto..»
«Cosa?»
«…io... non voglio sapere più nulla di te».
«E neanche io!»
Il sole era un orologio che non funzionava più.


Marco Gregò: Nella terra del sole che sboccia. Collana Albatro Randagio. 
Con le illustrazioni di Vieri Sorrentino. 
Prezzo di copertina € 17,50 - Pagine 230
Disponibile presso Librerie Feltrinelli e in tutti i siti di vendita online. 
Sconto del 15% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it

venerdì 16 novembre 2018

Gaspare Morfino: L'arresto. Tratto da: Dopo il 4 aprile. Romanzo storico siciliano

La serva andò a rapportare a Carlo, come un galantuomo assieme ad altre quattro persone del volgo voleva parlargli e non aveva voluto dire il suo nome.
Intanto l’uomo vestito di nero che non era altri che un agente di polizia era entrato arrogantemente seguito da’ suoi cagnotti e si stava col cappello in testa come se fosse in casa propria.
Carlo insospettito di questa visita misteriosa aveva guardato delle fessure della portiera gli uomini che volevano parlarlo, e facilmente ravvisò in essi de’ poliziotti. Ordinò alla serva che andasse a dire a coloro, che avesser la pazienza di aspettare un momento che sarebbe venuto. Poscia entrò nel suo gabinetto e scrisse rapidamente ed in men che si dice queste due lettere:
Caro signore
In punto vengo arrestato e tradotto in carcere. Avvisi di ciò il comitato, e dica che stasera per conseguenza non posso venire all’appuntamento.
C. Darena.
Al sig. G. Marinelli.
Ecco l’altra lettera:
Mia diletta
“l tuo presentimento si è avverato...
Mentre che ti scrivo gli sbirri aspettano nella mia anticamera per condurmi in arresto. Non temere vicino o lontano il mio pensiero volerà sempre a te, e poi ti assicuro che la mia prigionia non sarà lunga.
Carlo.

Alla contessina Pieri – Piazza Marina.
Scritte queste due lettere le consegnò alla serva per portarle ai rispettivi indirizzi; poscia entrò nella stanza dove aspettavano gli uomini di Maniscalco.
- Il signore ha da comandarmi? – domandò all’Ispettore.
- Son venuto per notificarvi – rispose questi – che per ordine dell’illustrissimo signor Prefetto siete in arresto. Vi piaccia quindi di seguirmi.
- Ah Dio mio – interruppero nello stesso tempo due voci di donna.
Erano la sorella e la madre di Carlo che avevano sentita di dietro la portiera la risposta dell’ispettore e che si precipitarono nelle stanze per stringere nelle loro braccia Carlo quasi per contenderlo agli sgherri.
- Niente niente mia care non vi affliggete. Naturalmente la polizia prende uno sbaglio o pure sarà una calunnia, ma intanto siccome in casa mia nè piove nè vi batte il sole, così il sig. Ispettore sarà cortese di levarsi il cappello.
- Eh per bacco il cappello, e se non me lo volessi levare?
- Ve lo farei levare io...
- Sfido io...
Carlo non sopportava mai simili insolenze, sicchè senza rispondere lasciò andare un gran pugno sul cappello a cilindro dell’ispettore che andò a cadere ammaccato all’altro lato della stanza.
L’ispettore divenne smorto per la rabbia mentre non si aspettava tanta audacia. Due birri con un moto simultaneo si avvicinarono a Carlo e gli afferrarono le braccia.
- Spero sig. Ispettore – disse Carlo svincolandosi da’ poliziotti – che non per questo resteremo nemici. Vi ho data una piccola lezioncina di Galateo e nulla più.
- Signore – disse l’agente di Maniscalco, raccogliendo il suo cappello – aggiungerò nel mio verbale l’insulto fattomi, intanto vi ordino di seguirmi immediatamente alla Prefettura.
- È giusto signor poliziotto, ma mi pare che il verbale per legge si deve fare sul luogo.
- Ciò non vi riguarda – rispose l’Ispettore. Carlo alzò le spalle con disprezzo, poscia stringendo ancora una volta al suo seno la madre e la sorella loro disse:
- Cessate di piangere mie care, vedete pure che io sono tranquillo, il che vuol dire che il pericolo poi non è tanto grave, come si crede, anzi sentite io vi giuro sul mio onore che la mia prigionia non sarà lunga. – A queste parole l’agente di Maniscalco sorrise sardonicamente quasi che avesse voluto dire: Questo pazzo sogna di esser messo in libertà. La madre e la sorella seguitavano a piangere silenziose senza dir parola.
Carlo sentiva intenerirsi immensamente sicchè fatto uno sforzo si svincolò dalle braccia della sua famiglia e dicendo – A rivederci – prese il braccio dell’Ispettore e discese rapidamente le scale. 

Salì in carrozza assieme a tre birri. L’Ispettore montò l’ultimo e disse al cocchiere:
- Alla Prefettura.
La carrozza si mosse seguìta dagli sguardi curiosi de’ vicini che si erano tutti affacciati al balcone per veder sortire Carlo.
I vicini sono una vera peste….


Collana Gli Introvabili - Prezzo di copertina € 12,00
Gaspare Morfino: Dopo il 4 aprile. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del 1860. 
Nella versione originale pubblicata dalle Officine tipografiche Priulla nel 1864. 
Con la prefazione del dott. Rosario Atria, dottore di Ricerca dell'Università di Palermo. 
Nella foto: l'ispettore Maniscalco

Gaspare Morfino: La vita delle donne nel 1860. Tratto da: Dopo il 4 aprile

Giorgio congedatosi dall’amico tirò dritto per la via Macqueda. Giunto alla Piazza di S. Gaetano entrò nella botteguccia di un fioraio ch’era incaricato di fargli trovare tutte le sere un mazzo di fiori, e prese un bel bouquet.
Abbiamo detto di un fioraio e non di una fioraia, perché in Palermo, invece delle donne sono gli uomini che vendono fiori. Questa è una delle tanto strane anomalie della nostra città dove la donna è condannata a star chiusa fra quattro mura, non potendo essa esercitare nessun mestiere che la metta in relazione col pubblico per lo stranissimo pregiudizio che ciò è contro la decenza. In Palermo l’articolo decenza è assai climaterico. Verbigrazia una donna giovane non può uscir sola di casa e liberamente fare i fatti suoi perché allora tutti i passeggieri si fermano e la segnano a dito, e cominciano a dir sul di lei conto certe parole ambigue, e tuttociò perché quella giovane ha commesso il grave delitto di uscir sola.
Ma torniamo a Giorgio il quale seguitando a camminare in beve svoltò per la via Divisi nella quale strada abitava la sua diva.
Giunto sotto i di lei balconi si fermò.
Potevano essere le dieci della sera, ed in quei tempi eccezionali di sommosse e di rivoluzioni a quell’ora non camminava anima viva per le strade.
Giorgio adunque si fermò, e dopo essersi assicurato che non passava nessuno lanciò il suo mazzo di fiori che andò a urtare al solito contro le vetriate del balcone della sua Emilia.
Avea più di un mese e mezzo che il povero Giorgio faceva questa vita, sicchè era il quarantesimoquinto bouquet che lanciava.
Dopo di aver compita questa operazione Giorgio si appoggiò al vano di una porta cogli occhi fissi sulle vetriate per vedere se mai si schiudessero e se qualche mano venisse a cogliere quei fiori... 


Collana Gli Introvabili 
Gaspare Morfino: Dopo il 4 aprile. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del 1860. Nella versione originale pubblicata dalle officine ripografiche Priulla nel 1864. 
Con la prefazione del dott. Rosario Atria, dottore di Ricerca dell'Università di Palermo. 
Prezzo di copertina € 12,00

Gaspare Morfino: Dopo il 4 aprile. Dalla prefazione di Rosario Atria

Un aspetto, come s’è visto, che fortemente caratterizza il racconto di Morfino, curiosamente censito come racconto estemporaneo all’interno della Bibliografia siciliana che Giuseppe Maria Mira diede alle stampe tra il 1875 e il 1881: dicitura inesatta, che tuttavia rende bene l’idea di un’elaborazione contestuale al dispiegarsi degli eventi narrati. Eventi certamente notevoli, come d’indubbio rilievo è, nel quadro della storia risorgimentale isolana (e particolarmente della città di Palermo), la data del 4 aprile 1860, giorno dell’insurrezione antiborbonica che prese le mosse dal convento della Gancia.
La portata storica del testo di Morfino è dunque fuor di dubbio. E, a prescindere dal giudizio che si intenda accordare all’opera letteraria, innegabile è il suo valore documentale.
Quanto alla struttura narrativa, l’autore intreccia, fino alle soglie del penultimo capitolo, le vicende sentimentali di due amici, Carlo Darena e Giorgio De Alberti, secondo le regole convenzionali del romanzo sentimentale: passioni ostacolate da terzi o non approvate dalle famiglie. Non mancano caratteri, situazioni e ambienti tipici della letteratura d’appendice: basti dire della figura del persecutore (un moderno oppressore, singolarmente interpretato da Marconi, il commissario di polizia); o rinviare agli agguati e ai rapimenti, dei quali proprio colui che dovrebbe essere garante della legge è invece il mandante; o, ancora, considerare le scene da osteria, che vedono coinvolti personaggi appartenenti agli ambienti malavitosi, i quali – in cambio di favori – ottengono protezione dagli organi di polizia.
Un’occhiata, pur rapida, ai titoli dei vari capitoli permette di cogliere la disposizione interna imposta da Morfino, giocata su due poli in tensione dialettica, finzione e storia: così, nei capitoli iniziali e centrali (Due amici, Sotto il balcone, Carlo, L’uomo della via Divisi, Emilia, Rosina, Marconi, L’arresto, La Prefettura, L’agguato), si evidenzia la progressiva introduzione in fabula dei caratteri, con avviluppamento delle tessere del romanzesco; di contro, nei capitoli finali (Un po’ di politica, Il 27 maggio), da un lato fanno capolino digressioni di argomento storico, dall’altro si assiste al coinvolgimento dei personaggi d’invenzione all’interno degli eventi che portarono alla presa di Palermo da parte delle camicie rosse guidate da Garibaldi, l’eroe liberatore, che pure fa la sua apparizione nel racconto.
Era una bellissima sera del mese di aprile 1860 una di quelle sere tiepide e profumate che solo si osservano sotto il purissimo cielo di Palermo.
Nell’incipit, Morfino chiarisce le coordinate temporali della narrazione (esplicitando, ad uso dei lettori più sprovveduti, che la vicenda ha luogo nel Sessanta) e fornisce anche le coordinate spaziali entro cui si svolge l’azione, che si innesta nel tessuto urbano della città di Palermo, di cui con dovizia si riportano i nomi delle strade, delle piazze, delle porte, dei giardini, dei palazzi.
Si palesa, sin da queste prime battute, la sensazione che Morfino si rivolga ad un pubblico che ha una certa familiarità con quei luoghi e quei percorsi, sensazione che viene confermata poco dopo, in un passo in cui la condizione lavorativa delle donne è definita «una delle tanto strane anomalie della nostra città», per divenir certezza quasi sul finire del racconto: quando, a proposito della situazione politica di Palermo nella primavera del ’60, l’autore afferma che «il lettore la conosce meglio di ogni altro, perché ne fu testimonio oculare». Allo stesso modo, qualche pagina più in là, disponendosi a raccontare gli avvenimenti relativi alla liberazione della città, Morfino afferma:
Non descriverò minutamente al lettore tutta la giornata del 27 maggio perchè naturalmente ne fu testimonio oculare e se non lo fu ne avrà letta la descrizione in qualche storia contemporanea.

Gaspare Morfino: Dopo il 4 aprile. Romanzo storico siciliano, ambientato nella Palermo del 1860. 
Nella versione originale pubblicata in Palermo presso le Officine Tipografiche Priulla nel 1864. Prefazione di. Rosario Atria. (Dottore di ricerca dell’Università di Palermo, italianista, è autore di studi sulla poesia del Due-Trecento, sulla narrativa storico-popolare dell’Ottocento, sulla lirica leopardiana, sulla narrativa del secondo Novecento. Si interessa anche di storia e letteratura archeologica di Sicilia). 
Prezzo di copertina € 12,00 - Copertina di Niccolò Pizzorno