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lunedì 5 settembre 2022

Quel 5 settembre 1938... Tratto da: La civile indifferenza. Le parole di Liliana Segre fedelmente raccolte e trascritte dalle sue testimonianze.

Nel 1938 avevo otto anni, andavo alla scuola pubblica di via Ruffini, come una bambina qualunque. 
Abitavo lì vicino.
Ed era la fine dell’estate del 1938 quando mio papà cercò di spiegarmi che non potevo fare la terza elementare in via Ruffini, perchè per le leggi razziali fasciste, vergognose, avevamo perso i diritti civili. 
E fra le leggi razziali c’era il divieto di andare a scuola. 
Mi sentii dire quindi con voce rotta, con voce emozionata, umiliata, da mio papà che io, come tutti i bambini ebrei, tutti gli studenti ebrei delle scuole pubbliche d’Italia, ero stata espulsa. 
Espulsa... 
Voi ragazzi sapete bene che cosa vuol dire essere espulsi da una scuola, alle elementari poi non ne parliamo. Bisogna aver fatto davvero  qualche cosa di molto molto grave nell’ambito scolastico. 
E io, che andavo a scuola con gioia, mi sentii dire mentre eravamo a tavola e c’erano tutti e due i miei nonni:
«Sei stata espulsa dalla scuola perché noi siamo ebrei.»
Fu veramente un colpo gravissimo. Io subito chiesi: 
«Ma perché? Che cosa ho fatto?»
Era un momento tremendo, era soprattutto l’espressione di queste tre persone, che mi guardavano con grande pena, con grande preoccupazione per me. 
Era amore, amore e disperazione. 
Da quel momento cominciai a chiedere a tutti ma perché? perché? perché? perché? Ed ero ossessiva con questo perché, al quale a quel tempo era molto difficile dare una risposta. Soprattutto perchè ai bambini, allora non si parlava così chiaramente come si parla adesso, si cercava di tenerli separati, protetti dalle brutture della vita. 
E quel perché mi ha seguita poi mille volte: ma perché, perché, perché, perchè, perché io non posso più andare a scuola? Perché sono stata espulsa?
Era la colpa di essere nata. 
Oggi fra i miei nipoti ho un piccolo adorato nipotino, che si chiama Filippo, e immagino... se qualcuno, davanti a quella faccina innocente, a quegli occhi puri, a quella mancanza assoluta di malizia e di paura che ancora a quell’età si può avere, così felice dei giocattoli, della bicicletta nuova, del regalo, della festa che ti aspetta... se qualcuno dovesse dire al mio nipotino Filippo che non può più andare a scuola perché è stato espulso. Beh... 
Era incredibile. 
Espulsi furono tutti gli ebrei dalle cariche pubbliche, insegnanti, professionisti, persone che avevano qualche grado nell’esercito, che lavoravano nei Ministeri. Perfino i libri adottati nelle scuole di colti professori ebrei furono cancellati, furono tolti dalle biblioteche comunali, furono tolti dai programmi scolastici. 
Le leggi razziali furono infinite, lunghissime, e andavano dalla impossibilità di tenere piccioni, di vendere stracci se non di lana a quella  di non poter fare l’orefice, il bidello. 
Qualunque cosa era vietata. 
La fantasia di chi le redasse fu così sfrenata, che era veramente difficile trovare una branca qualsiasi in cui fosse possibile stare. 
Si veniva cancellati dagli elenchi del telefono, si veniva cancellati dagli albi professionali, si diventava di colpo cittadini di serie B per poi pian piano...
Mi ricordo che una volta venne a casa la maestra, la mia maestra di prima e seconda elementare, ma non per trovare me, semplicemente perché l’aveva convocata mio papà che le aveva chiesto: 
«Venga a casa a trovare la mia bambina, provi a dirle lei una parola di conforto...»
Lei venne a casa, non mi abbracciò. La sentii che diceva: 
«Io cosa c’entro? Non è mica colpa mia, non le ho fatte io le leggi razziali!»
E quello fu l’inizio dell’indifferenza, di quel «Se una cosa non mi riguarda e riguarda l’altro, non me ne importa niente.»
Cambiai scuola e andai in un istituto privato che mi accettò. 
Andando lì, passavo dalla mia vecchia scuola. 
Di tutte le bambine furono solo tre indimenticabili, che continuarono ad aprirmi la loro casa alle piccole feste, agli incontri per giocare, che mi telefonarono... 
Tutte le altre sparirono nell’indifferenza
I banchi vuoti dei bambini espulsi non fecero sensazione.
Cancellati nell’indifferenza generale.
E cominciò nella mia famiglia, come in tutte le famiglie ebraiche, quel senso di farci sentire diversi: noi che eravamo italiani, patrioti...



La civile indifferenza. Le parole di Liliana Segre fedelmente raccolte e trascritte dalle sue testimonianze, che si compone di due parti: nella prima la testimonianza di Liliana Segre diretta, chiara, in diversi punti commovente, nel suo complesso tragica e “indicibile”. Nella seconda “La dichiarazione sulla razza e le leggi razziali del 1938”: la trascrizione delle leggi razziali emesse il 5 settembre, il 6 ottobre, il 15 novembre, il 17 novembre del 1938 e l’elenco delle successive.
Pagine 176 - Prezzo di copertina € 13,00
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 
Disponibile su Amazon Prime, Ibs, La Feltrinelli e tutti gli store online.
In libreria presso: La Feltrinelli libri e musica. 

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