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sabato 3 giugno 2023

Nicolò Argento: Io sono cresciuto in mezzo ai pupi... Tratto da: Argento pupi e pupari. Il racconto della storica famiglia Argento dal 1893 ad oggi

Una volta a Palermo c’era “Quello del cunto”: raccontava opere come La Gerusalemme liberata, Tabbazio, Guido Santo, Dolores e Straniero, I Reali di Francia, La Storia dei Paladini di Francia, L’Orlando furioso e, in seguito, I Beati Paoli e La Baronessa di Carini. 
Erano tempi in cui pochi sapevano leggere e scrivere, e i cuntisti o cantastorie si mettevano al centro delle piazze con i loro cartelloni dipinti per narrare, a puntate, le opere. Subito, si radunavano molte persone intorno, incuriosite dal racconto, e più se ne parlava in giro più il pubblico dei cuntisti aumentava.
Erano tempi in cui l’energia elettrica ancora non c’era, niente cinema né televisione, e così nacque l’idea di radunarsi in luoghi chiusi, dove in tutti i periodi dell’anno si potevano ascoltare le avventure dei paladini e di tutti quegli eroi che combattevano per la giustizia o per l’amore. 
Le gesta eroiche, oltre che raccontate, pian piano furono messe in scena dai primi opranti, che iniziarono a narrare le storie degli eroi attraverso i pupi. La gente si appassionava a vedere sulla scena delle storie che cambiavano ogni sera e a seguire le gesta dei vari personaggi: chi tifava per Orlando, valido cavaliere serio e perdutamente innamorato di Angelica, fino alla pazzia, chi per Rinaldo, dal carattere allegro, donnaiolo, due eroi tanto diversi ma entrambi prodi paladini di Francia nella corte di Carlo Magno. 
Intorno al 1803 nasce a Catania il primo teatrino dei pupi. Subito dopo, intorno al 1806, a Palermo il puparo Canino aprì il suo teatro: prima nelle piazze, poi negli spazi chiusi. Iniziarono a diffondersi in tutta la Sicilia, prima con i pupi “in paggio” (non armati), che mettevano in scena alcuni racconti siciliani. All’inizio i pupari usarono come teatro le proprie abitazioni, di solito la stanza più grande che poteva contenere un maggior numero di spettatori. 
Poi le rappresentazioni si fecero nei teatrini, alla luce delle lanterne,  con le melodie del pianino come sottofondo musicale. Le storie si svolgevano a puntate e gli spettatori si appassionavano a seguirle, un giorno dopo l’altro. A poco a poco, solo a Palermo, si contarono più di trenta teatri, quasi uno per ogni quartiere. 
Tra i pupari nacque una forma di competizione per attirare il pubblico: chi costruiva i pupi più grandi, chi usava colori particolari, tutto si faceva in modo che si potessero personalizzare gli spettacoli e di conseguenza, avere delle preferenze tra il pubblico. 
C’erano e ce ne sono ancora tra una città e l’altra, in special modo tra la scuola palermitana e quella catanese. Il teatrino del puparo Pollicino, ad esempio, aveva i pupi di 110 centimetri, mentre la misura standard era 90: da qui il detto palermitano “pezzu di 90”, per indicare una persona forte e di sani principi come lo è un paladino. 
In generale, il pupo palermitano ha braccia e gambe snodabili, può inginocchiarsi, tiene la spada nel fodero e la estrae al momento della battaglia, la visiera dell’elmo si alza e si abbassa, la corazza è rotonda. È alto 90 centimetri e pesa circa 10 chili.
Il teatrino palermitano si sviluppa in profondità con tre quinte: i pupari stanno dietro ogni quinta, allungando le braccia con il pupo per la manovra.
Il pupo catanese, invece, ha le gambe rigide, tiene sempre la spada in pugno, la visiera dell’elmo è fissa, è alto da 120 a 140 centimetri, pesa da 15 a 25 chili. Il teatrino catanese si sviluppa in altezza; i pupari, infatti, stanno su di un ponte dal quale manovrano i pupi, dando un movimento oscillante, le spade non si incrociano e il ritmo viene dato dall’urto delle corazze, l’una contro l’altra.
Sono cresciuto in mezzo ai pupi. Per me e i miei fratelli i pupi sono stati i primi giocattoli, un po’ in bottega e un po’ in fabbrica, dove ho conosciuto i miei primi amici, con i quali costruivamo anche dei giochi con gli scarti che trovavamo. Ricordo che il mio primo monopattino aveva come ruote i cuscinetti che prendevamo dalle lavabiancherie dismesse.
Quando da piccolo suonavo il pianino per mio nonno Giuseppe, a volte lo spettacolo m’incantava così tanto che, al segnale dell’oprante, ero così preso dalla scena che dimenticavo d’iniziare. Allora il nonno usciva quasi fuori dal palcoscenico e mi diceva: 
– Oh sveglia! Attacca ‘sta musica! 
Solo allora io cominciavo a suonare.
Ho provato tante volte ad allontanarmi dall’Opera dei Pupi, perché un puparo a Palermo non ha molti guadagni, ma il cuore mi ha riportato sempre qua. Come dice la famosa frase: «Curri curri ca sempri ‘cca t’aspettu». 


Antonella Cappello: Argento pupi e pupari. Il racconto della storica famiglia Argento dal 1893 ad oggi. 
Pagine 190 - Prezzo di copertina € 22,00
Riccamente corredato di foto.
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Disponibile presso il Teatro Argento di via P. Novelli (di fronte la Cattedrale di Palermo) e nel laboratorio del maestro Vincenzo Argento di corso Vittorio Emanuele 443. 
Disponibile su tutti gli store online e in libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica - Via Cavour 133, Palermo, Libreria La Vardera - Via N. Turrisi 15, Libreria Nike - Via Marchese Ugo.

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