Tutti i volumi sono disponibili: dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia), su tutti gli store di vendita online e in libreria. Gli e-book sono disponibili su streetlib store e tutte le piattaforme online.

sabato 17 giugno 2023

Angelo Coppola: La vita di Giuseppe La Masa nella storia del Risorgimento Italiano

Nel 1848 una delle canzoni popolari più in voga, cautamente canticchiata in famiglia, aveva le parole di questa poesia dialettale:

‘Na palummedda bianca
Si mancia la cirasa
Evviva Peppino La Masa
Ca detti la libertà.

La canzone, nascostamente cantata per tutto il periodo della restaurazione borbonica, si ridestò nel 1860 con sincero entusiasmo.
Nel 1919 l’ing. Angelo Coppola, autore di questa accurata biografia su Giuseppe La Masa, conclude il suo studio sull’eroe siciliano facendone il seguente ritratto:

Si può affermare, senza tema di essere smentiti che, nei fatti del 1848 ed in quelli del 1860, nessuno può vantare di avere ottenuto con le proprie influenze, con il proprio entusiasmo, con le proprie attitudini, con la propria fede, con il proprio intuito e con la propria iniziativa, quei meravigliosi risultati ai quali pervenne Giuseppe La Masa, senza le dande delle quali ebbero bisogno tutti, indistintamente, gli altri eroi di cappa o di spada che sogliono pullulare in mezzo al groviglio dei popolari rivolgimenti.

Il suo carattere focoso e intraprendente lo portò in varie circostanze a incomprensioni dalle quali scaturirono vivaci polemiche e screzi financo con lo stesso Garibaldi, che non volle seguire nella campagna continentale. Oggetto di azioni diffamatorie sul suo ruolo ricoperto nella guerra di liberazione dell’Italia meridionale, passò gli anni sessanta e settanta alla difesa del proprio onore. Un giurì appositamente istituito sentenziò a suo favore ma tuttavia lasciò impregiudicata la questione storica.
Di certo Giuseppe La Masa si oppose con fierezza alla tirannide, combattendola sia con le armi nei campi di battaglia, sia con le parole nelle sue numerose pubblicazioni, mostrando sempre il coraggio e la lealtà dei patrioti fedeli alle idee liberali e all’amore per la propria nazione.

Vivo e combatto per la libertà e per l’indipendenza, non per la repubblica, né per la monarchia; perché la scelta della forma di governo deve sentirla e volerla un popolo, non un partito.

Giuseppe La Masa

Angelo Coppola: La vita di Giuseppe La Masa nella storia del Risorgimento italiano. 
L'opera è la ristampa anastatica del volume originale pubblicato dalla Tipografia Nazionale nel 1919. 
Prefazione del prof. Pietro Zambito. 
Pagine 438 - Prezzo di copertina € 22,00
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it
Disponibile su tutti gli store di vendita online e in libreria. 

sabato 3 giugno 2023

Dario Argento: La mia prima esperienza con il teatro l'ho avuta a sei anni... Tratto da Argento pupi e pupari. Il racconto della storica famiglia Argento dal 1893 ad oggi

Ricordo gli inverni freddi e i miei riposini pomeridiani sotto il bancone da lavoro, dove mio padre e mia madre costruivano i pupi.
Dormivo lì, in mezzo alle stoffe per le gonnelline dei paladini e i turbanti dei saraceni, dove il suono dei ferri che usava mio padre per battere i metalli era un dolce tintinnio, come una ninna nanna per me.
Crescendo, usavo gli attrezzi di lavoro di papà per costruirmi giocattoli, come il monopattino. Ben presto lui iniziò a farmi usare i piccoli stampi per fare i bottoni, le spolette, le foglie, per arabescare i pupi.
La mia prima esperienza con il teatro l’ho avuta a sei anni: quel giorno i miei fratelli più grandi non c’erano e mentre mio nonno e mio padre facevano lo spettacolo, io suonavo il pianino girando la manovella, quando c’era l’interruzione tra una scena e l’altra. Per me era una grande emozione e un grande privilegio, perché i miei fratelli di solito avevano la precedenza; era un modo per sentirmi utile e speravo che alla fine dello spettacolo qualche turista mi avrebbe dato la famosa “mancia ru piciriddu”.
A sette anni fui protagonista nello spettacolo del gruppo Teatro scuola di Enzo Pandolfo e Giuditta Lelio.
Mio padre faceva parte della compagnia e mi portava con lui ad assistere alle prove. Un giorno la signora Lelio volle registrare la mia voce nella parte dell’angelo e le piacque così tanto che recitai in diretta: una grande esperienza, indelebile nella mia mente e nel mio cuore, ricordo ancora oggi l’emozione che provai.
La signora Lelio mi chiamò per un altro spettacolo, stavolta sulla vita di Gesù. Nella scena ero uno dei bambini che parlavano con lui e gli facevano delle domande sulla sua vita. Anche in quell’occasione mi sentii orgoglioso di far parte di una compagnia teatrale.
Non perdevo occasione di accompagnare mio padre alle prove e dargli una mano per preparare e trasportare i pupi che dovevano andare in scena. Al Gruppo teatro scuola spesso lavoravo fino a tarda notte durante il periodo estivo e i miei genitori me lo permettevano perché ero in vacanza. Mio padre costruiva i pupi per il Gruppo e io lo aiutavo a fare i pezzi più piccoli, come avevo imparato in laboratorio.
Con lui lavorava un artigiano, il signor Scalisi, che io chiamavo zio Piero; avendo tanto lavoro, mi chiese un aiuto e, sotto la sua sorveglianza, iniziai a lavorare. Capivo quanto era necessario riconoscere i materiali utilizzati e anche lì mio padre non perdeva occasione per insegnarmi l’importanza dell’abilità nel lavoro.


Antonella Cappello: Argento pupi e pupari. Il racconto della storica famiglia Argento dal 1893 ad oggi. 
Pagine 190 - Prezzo di copertina € 22,00
Riccamente corredato di foto.
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Disponibile presso il Teatro Argento di via P. Novelli (di fronte la Cattedrale di Palermo) e nel laboratorio del maestro Vincenzo Argento di corso Vittorio Emanuele 443. 
Disponibile su tutti gli store online e in libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica - Via Cavour 133, Palermo, Libreria La Vardera - Via N. Turrisi 15, Libreria Nike - Via Marchese Ugo.

Nicolò Argento: Io sono cresciuto in mezzo ai pupi... Tratto da: Argento pupi e pupari. Il racconto della storica famiglia Argento dal 1893 ad oggi

Una volta a Palermo c’era “Quello del cunto”: raccontava opere come La Gerusalemme liberata, Tabbazio, Guido Santo, Dolores e Straniero, I Reali di Francia, La Storia dei Paladini di Francia, L’Orlando furioso e, in seguito, I Beati Paoli e La Baronessa di Carini. 
Erano tempi in cui pochi sapevano leggere e scrivere, e i cuntisti o cantastorie si mettevano al centro delle piazze con i loro cartelloni dipinti per narrare, a puntate, le opere. Subito, si radunavano molte persone intorno, incuriosite dal racconto, e più se ne parlava in giro più il pubblico dei cuntisti aumentava.
Erano tempi in cui l’energia elettrica ancora non c’era, niente cinema né televisione, e così nacque l’idea di radunarsi in luoghi chiusi, dove in tutti i periodi dell’anno si potevano ascoltare le avventure dei paladini e di tutti quegli eroi che combattevano per la giustizia o per l’amore. 
Le gesta eroiche, oltre che raccontate, pian piano furono messe in scena dai primi opranti, che iniziarono a narrare le storie degli eroi attraverso i pupi. La gente si appassionava a vedere sulla scena delle storie che cambiavano ogni sera e a seguire le gesta dei vari personaggi: chi tifava per Orlando, valido cavaliere serio e perdutamente innamorato di Angelica, fino alla pazzia, chi per Rinaldo, dal carattere allegro, donnaiolo, due eroi tanto diversi ma entrambi prodi paladini di Francia nella corte di Carlo Magno. 
Intorno al 1803 nasce a Catania il primo teatrino dei pupi. Subito dopo, intorno al 1806, a Palermo il puparo Canino aprì il suo teatro: prima nelle piazze, poi negli spazi chiusi. Iniziarono a diffondersi in tutta la Sicilia, prima con i pupi “in paggio” (non armati), che mettevano in scena alcuni racconti siciliani. All’inizio i pupari usarono come teatro le proprie abitazioni, di solito la stanza più grande che poteva contenere un maggior numero di spettatori. 
Poi le rappresentazioni si fecero nei teatrini, alla luce delle lanterne,  con le melodie del pianino come sottofondo musicale. Le storie si svolgevano a puntate e gli spettatori si appassionavano a seguirle, un giorno dopo l’altro. A poco a poco, solo a Palermo, si contarono più di trenta teatri, quasi uno per ogni quartiere. 
Tra i pupari nacque una forma di competizione per attirare il pubblico: chi costruiva i pupi più grandi, chi usava colori particolari, tutto si faceva in modo che si potessero personalizzare gli spettacoli e di conseguenza, avere delle preferenze tra il pubblico. 
C’erano e ce ne sono ancora tra una città e l’altra, in special modo tra la scuola palermitana e quella catanese. Il teatrino del puparo Pollicino, ad esempio, aveva i pupi di 110 centimetri, mentre la misura standard era 90: da qui il detto palermitano “pezzu di 90”, per indicare una persona forte e di sani principi come lo è un paladino. 
In generale, il pupo palermitano ha braccia e gambe snodabili, può inginocchiarsi, tiene la spada nel fodero e la estrae al momento della battaglia, la visiera dell’elmo si alza e si abbassa, la corazza è rotonda. È alto 90 centimetri e pesa circa 10 chili.
Il teatrino palermitano si sviluppa in profondità con tre quinte: i pupari stanno dietro ogni quinta, allungando le braccia con il pupo per la manovra.
Il pupo catanese, invece, ha le gambe rigide, tiene sempre la spada in pugno, la visiera dell’elmo è fissa, è alto da 120 a 140 centimetri, pesa da 15 a 25 chili. Il teatrino catanese si sviluppa in altezza; i pupari, infatti, stanno su di un ponte dal quale manovrano i pupi, dando un movimento oscillante, le spade non si incrociano e il ritmo viene dato dall’urto delle corazze, l’una contro l’altra.
Sono cresciuto in mezzo ai pupi. Per me e i miei fratelli i pupi sono stati i primi giocattoli, un po’ in bottega e un po’ in fabbrica, dove ho conosciuto i miei primi amici, con i quali costruivamo anche dei giochi con gli scarti che trovavamo. Ricordo che il mio primo monopattino aveva come ruote i cuscinetti che prendevamo dalle lavabiancherie dismesse.
Quando da piccolo suonavo il pianino per mio nonno Giuseppe, a volte lo spettacolo m’incantava così tanto che, al segnale dell’oprante, ero così preso dalla scena che dimenticavo d’iniziare. Allora il nonno usciva quasi fuori dal palcoscenico e mi diceva: 
– Oh sveglia! Attacca ‘sta musica! 
Solo allora io cominciavo a suonare.
Ho provato tante volte ad allontanarmi dall’Opera dei Pupi, perché un puparo a Palermo non ha molti guadagni, ma il cuore mi ha riportato sempre qua. Come dice la famosa frase: «Curri curri ca sempri ‘cca t’aspettu». 


Antonella Cappello: Argento pupi e pupari. Il racconto della storica famiglia Argento dal 1893 ad oggi. 
Pagine 190 - Prezzo di copertina € 22,00
Riccamente corredato di foto.
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Disponibile presso il Teatro Argento di via P. Novelli (di fronte la Cattedrale di Palermo) e nel laboratorio del maestro Vincenzo Argento di corso Vittorio Emanuele 443. 
Disponibile su tutti gli store online e in libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica - Via Cavour 133, Palermo, Libreria La Vardera - Via N. Turrisi 15, Libreria Nike - Via Marchese Ugo.

giovedì 1 giugno 2023

Veniva un ragazzo di circa 16 anni. Era Antonio Pasqualino, il famoso medico... Tratto da: Argento pupi e pupari. Il racconto della storica famiglia Argento dal 1893 ad oggi

Le persone rimanevano così colpite dalle avventure dei paladini, che per loro i pupi erano come persone. Una sera, il nonno fece una puntata dove Rinaldo, vedendo un castello, si avvicinò e chiese di essere ospitato per la notte e per mangiare; allora una vecchia, che gestiva il castello, gli tirò la rete facendolo prigioniero, perché aveva nei sotterranei un drago sempre affamato, e lei ogni giorno catturava un uomo e glielo dava da mangiare. Lo faceva perché durante la notte il mostro gridava e lei non poteva dormire; facendogli mangiare uomini, il drago era sazio e stava zitto. Quindi prese prigioniero Rinaldo e lo chiuse nei sotterranei. Lui domandò una cortesia alla vecchia:
– Mi puoi lasciare la spada?
La vecchia cominciò a ridere.
– E perché, per essere mangiato prima?
Comunque gli fece la grazia di tenere con sé la spada e lo chiuse nei sotterranei. Questo avvenne la sera, Rinaldo sarebbe stato il pranzo del mostro per il giorno dopo. Finì lo spettacolo. Tutti andarono via, l’indomani ci sarebbe stato il seguito. Un signore si era tanto immedesimato nella prigionìa di Rinaldo, che pensò:
– Ma stasira resta a digiuno? 
E, a modo suo, gli portò la cena. Dopo un po’ bussò alla porta del teatro. Il nonno disse:
– Che c’è?
– Grapissi, don Cecè.
– Ma che vuoi, u spettacolo finiu...
– No, sì, ma lei grapissi...
Il nonno aprì.
– Che c’è?
– Stasira Rinaldo è là sotto assieme col mostro, però è diunu, cci po’ dari chistu...
Era tanta la sua illusione, da pensare che Rinaldo fosse una persona in carne e ossa e gli aveva portato un sacchetto con roba da mangiare. Mio nonno gli disse:
– Un si preoccupassi ca...
– No, lei cci l’havi a dari.
La cosa andava per le lunghe, perché quella persona insisteva, allora mio nonno concluse:
– M’u lassassi cca, ca poi cci u fazzu aviri...
Secondo me quel cibo lo mangiò mio nonno.
Nel 1898 mio nonno si sposò con Provvidenza Corrao, che oltre ad aiutare il marito cucendo i vestiti dei pupi, arrotondava gli incassi preparando dolci tipici come i buccellati, che vendeva durate gli spettacoli. Secondo la tradizione, la moglie del puparo è sarta e artigiana al contempo e conosce perfettamente le insegne di ogni pupo.
Dal matrimonio di don Cecé e Provvidenza nacquero Francesco Paolo nel 1899, Giovanni nel 1901, Isabella nel 1903 che morirà bambina, Maria Amalia nel 1905, Antonio nel 1908 e Giuseppe nel 1912. Francesco Paolo morirà nel corso della Prima Guerra Mondiale. Durante l’estate, don Cecè si spostava con la famiglia nei paesi, per fare gli spettacoli, viaggiando su un carretto con lo strascino, per trasportare il teatro smontato e tutti i pupi necessari, percorrendo strade sterrate; il viaggio durava anche diversi giorni. Giunto a destinazione prendeva in affitto un locale, di solito un magazzino vicino la piazza principale del paese, montava il teatro e lì si fermava per due o tre mesi.
Tutti i pupari uscivano da Palermo per fare spettacoli, come il nonno che andò a Lercara Friddi per cercare una piazza nuova. Lì nacque mio padre, Giuseppe Argento, il 3 marzo del 1912. 
Il nonno rimase paralizzato alle gambe; stava sempre seduto dietro la persiana di corso Scinà, con una cassetta di ferri, raspe, lime, palette, sgorbie: creava qualche cosa per passare il tempo. Mio padre ogni giorno mi lasciava da lui e ricordo che veniva un ragazzo di 16 anni con i libri sotto il braccio, che prima di ritornare a casa si fermava lì e guardava il nonno scolpire: era Antonio Pasqualino, il famoso medico chirurgo universitario e grande estimatore dell’Opera dei Pupi. Il dottore Pasqualino si fece costruire tanti pupi da mio padre: gli portava delle teste antiche e gli ordinava il pupo che voleva.


Antonella Cappello: Argento pupi e pupari. Il racconto della storica famiglia Argento dal 1893 ad oggi. 
Pagine 190 - Prezzo di copertina € 22,00
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Tutto ha origine nel 1893 con il nonno Vincenzo chiamato don Cecè... Tratto da Argento Pupi e Pupari. Il racconto della storica famiglia Argento dal 1893 ad oggi

Tutto ha origine nel 1893 con il nonno Vincenzo, chiamato don Cecé, nato a Palermo il 24 agosto del 1873. 
Un gran lavoratore mio nonno. Durante il giorno era impiegato presso una ditta che costruiva cassette di legno per gli agrumi, la sera si dedicava al teatro e ai suoi spettacoli. 
Cominciò a farsi le marionette da solo, perché non c’era la possibilità di avere tanti soldi per rivolgersi a un maestro. Comprava il materiale necessario: le prime armature le faceva con le latte del pesce sott’olio – sgombri o acciughe – che allora erano molto grandi. Prendeva una latta, la spianava e con i colpi di martello creava uno scudo o la corazza con i disegni. 
Poi cominciò a lavorare l’ottone, e dopo l’alpacca. A volte chiedeva il permesso al titolare di prendere i pezzi di legno che gli sembravano più adatti e scolpiva le teste e le mani; quando poteva, se le faceva scolpire dagli artigiani. Quelli dove andava più spesso erano Favaloro, Sculimmaro e Bagnasco.
Accadeva spesso, purtroppo, che i pupari non avevano soldi per fare un pupo necessario per continuare lo spettacolo, e allora ne prendevano uno che non serviva, lo portavano dal mastro che lo ammaccava tutto, lo riportava a lamiera e ne faceva uno nuovo. 
Ed era un peccato, perché così si perdeva tanto lavoro... 
Il nonno dipingeva i cartelloni e le scene; quando aveva le possibilità economiche li portava al pittore che, dietro le tele, rifaceva il disegno. Ad esempio, quello dipinto da Ciccio Rinaldi è perfetto, ma dietro si vedono ancora i disegni sbiaditi di mio nonno, che scriveva anche i canovacci delle opere. 
Erano i tempi in cui l’energia elettrica non esisteva, gli spettacoli si facevano alla luce delle lanterne con le melodie degli strumenti a corde: il mandolino, la chitarra, il violino; poi fu introdotto il pianino.
Insieme a tre, quattro o cinque aiutanti, faceva gli spettacoli a puntate, che duravano per tutto l’anno e la gente seguiva, nel tempo, queste storie che piacevano moltissimo. 
A volte, non potendo pagare l’ingresso allo spettacolo, le persone portavano beni materiali; ad esempio, qualche artigiano portava teste scolpite oppure i busti dei paladini.


Antonella Cappello: Argento pupi e pupari. Il racconto della storica famiglia Argento dal 1893 ad oggi. 
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Riccamente corredato di foto.
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