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venerdì 29 dicembre 2017

Benedetto Naselli: Maddalena e il padre Filippo. Tratto da: I misteri di Palermo.


Se ben vi ricordate, o lettori, quando Luigi disse a sua madre che Maddalena era infelice, non s’ingannava già. Il sig. Filippo, padre della stessa, esercitava su di lei tale una misteriosa influenza, da metterle affanno e spa­vento.
Perchè il sappiate questo sig. Filippo era di abbietta condizione. Era uno di quegli uomini che all’esordire in società pigliano un punto di mira, ed ivi debbono giungere, con fronte me­tallica, con perseveranza meravigliosa; non li spaventa nè la propria coscienza, nè la voce pubblica: tirano difiliati al loro scopo, dovessero anco mettere a sgabello le teste dei suoi, per correre salendo tant’alto che arrivino. Uomini proteiformi, or rassegnati ed ora superbi, di tutti i tempi, di tutti i colori, e di tutti i costumi, infami sempre sino al ridicolo. 
Con queste massime per lo capo, il sig. Filippo per correre di venture o di vicende, fu sempre in centro, e compì la sua fortuna capitando in casa del principe di B., uomo eccellente e dabbene che lo accaparrò col titolo di segretario. 
Questi non durò lunga fatica a far breccia nell’animo generoso e filantropo del buon Principe, e con una maschera che seppe maestrevolmente adattare al suo viso, ne ottenne agi, denaro, impieghi e protezione. Non mancavangli adunque, né averi, né comodi, né fortuna migliore a sperare. Una nuova febbre epperò insinuossi a quell’epoca nel suo cuore. Levatosi dall’abbiettezza del suo nascere, al punto in cui trovavasi, l’istinto della vanagloria cominciò a predominarlo, e salire più in alto, attaccare un titolo alla sua famiglia, scordarsi di coloro ch’erangli stati compagni di nascita e di condizione, furono le continue ispirazioni della sua vita, i suoi desideri, le sue ardenze, e per venire allo scopo propostosi si sentia forte abbastanza per superarne gli urti, e capace di ogni mezzo anco osceno, che nelle sue mani si fosse. 
Filippo amava la figlia, ma non l’amava già di quell’affetto paterno, dolce, affettuoso, dinanzi a cui si sacrificano i padri di famiglia; ma d’un amore egoista, interessato, speculativo, diciam così, che dovea esser base e puntello della sua futura grandezza. Egli mirava solo a procacciarle uno sposo ricco, adorno di un titolo qualunque, e questo pensiero primeggiava in tutti i suoi pro­getti. Ma tale alterigia però, ed il rifiuto di pa­recchi partiti alla figlia proposti, lo rendeano spre­gevole coi grandi, ridicolo coi pari. Egli era come ai febbricitanti, quando, dai vapori corrotti hanno il palato guasto, paiono tutti i vini amarissimi, benchè preziosi e dilicati sieno.
Fermo su queste massime, e abbrutendosi dippiù nel suo fatale delirio, attendeva al suo impiego ed alla educazione della figlia. E questa or chiu­deva isolatamente in una camera, ora presenta­vala in mezzo a gente titolata ed altera, ove la povera Maddalena, memore sempre della sua na­scita e dei sentimenti del suo cuore, ammutolivasi affatto, e sentiva disgusto delle maniere, dei frizzi, delle idee di quelle adunanze, non avendo a che riversare la sublimità dei suoi concetti, la squisitezza delle sue passioni, l’elevatezza del suo sentire.
Epperò la severità del padre e le galanterie della vita alla quale avvezzavasi, non furono ba­stevoli a far sì ch’ella non vedesse Luigi, e ne fosse vivamente interessata. Così l’amore, questo primo pensiero all’ispirazione della natura, venne a riconfortare la solitudine di Maddalena, e qual astro vivifico, infiammava di santa esultanza il di lei cuore.
Maddalena stanziava al primo appartamento del palazzo del Principe di B. e propriamente di rincontro il pianterreno abitato da Luigi.
Essa era assai bella. Avea il corpo snello ed agi­le, la sua carnagione era di un bianco alabastrino, i capelli biondi, e un bel paio d’occhi neri risplendeano sotto una larghissima fronte. Vestiva un abitino di stoffa, color noce a grandi fasce azzurre, un grembiale di seta color marrone, ed il collo torniavalo un collaretto di tull ricamato, e sul di lei petto luccicava una crocettina d’oro. 
Ella era adunque nella sua camera assisa sur una sedia a bracciuoli di legno intarsiata in oro, e ricoperta di finissimo raso color paglino. Davanti eravi un bel tavoliere di noce pure intarsiato a figure, ed avea letta con grande compiacenza e col sentimento di chi palpita per l’amore, una lettera, ch’era scritta nei seguenti sensi...

Era già al termine del periodo Maddalena quando fu scossa da un fortissimo urto al chiavi­stello della porta che si spalancava.
Si presentò allora sulla soglia un omicciattolo corto e grasso quanto un majale. La testa pa­revagli incastrata nel busto, e gli pensolava un mento grassissimo. I suoi capelli erano ricciuti e nerissimi, e gli occhi grifagni anzichenò. Ve­stiva un abito nero e ingemmavagli il petto un grosso spillo di brillanti, e brillanti avea alle dita. La sua voce era fessa e stentorea, lo sguardo cupo.
La fanciulla al fracassìo della porta nello a­prirsi, alzossi subitamente, ma non potè nascon­der nulla di quanto era sul tavoliere, molto più alla vista del padre, che restonne spaurita e convulsa. Filippo fece le mostre non accorgersi di nulla e si fece avanti....

Benedetto Naselli: I misteri di Palermo. Un "introvabile" romanzo storico siciliano pubblicato per la prima ed unica volta nel 1852. 
Pagine 274 - Prezzo di copertina € 21,00
Disponibile in libreria e in tutti i siti di vendita online. Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it  

Benedetto Naselli: Il figlio del fallito. Tratto da: I misteri di Palermo.


Il pianterreno del palazzo, nella cui soffitta eransi rifugiati Odoardo e Maria, abitato dallo scultore, componevasi di una sola stanza. A destra dello entrare, un  focolare in pietra, e per una scaletta di legno si saliva ad un mez­zanino che ricevea la luce dalla stanza istessa. Ivi erano riposti due meschinissimi letti con pagliericci, l’uno per Genoveffa madre dello scul­tore, l’altro per se stesso. Un armadio di legno antico a piccoli cassoni verniciato in nero, un ta­voliere, poche sedie ed una poltrona, eran tutti i mobili. Al capezzale del letto della madre eravi appeso un crocifisso di avorio sur una croce di tartaruga guarnita in argento che apparteneva un tempo alla madre di Genoveffa, e questa lo avea sempre ritenuto come una santa tradizione, ricor­do dei suoi vecchi genitori, e santuario alle sue diuturne e serotine preghiere. Al di sotto poi nella stanza, due o tre panche di legno, rottami di marmo, modelli in gesso, scalpelli e scalpellini, ed una statua non finita rappresentante Ercole, l’eroe di Tebe della Beozia. Era questo lo studio di Luigi il nostro artista, il quale dopo aver lavorato molte ore della notte, ora si sdra­iava sur un seggiolone a bracciuoli a riposarsi contemplando, col contento di una prima inspirazione, l’opera del suo genio, che acquistava giorno per giorno forma e figura. 
Luigi non potea dirsi assai bello, ma la sua persona era molto seducente. La sua testa era, come direbbesi oggi, un bel tipo per una testa italiana. Avea larga la fronte, occhi cilestri, ma un po’ ingrottati e penetrantissimi, il suo naso era aquilino a cui sottostavano un bel paio di baffi neri. La capellatura pur nera e liscia, e la carnagione bruna. La sua figura alla perfine attiravasi gli sguardi degli uomini sensibili, perchè dal viso trasparivagli l’angosce ed i tormenti che tutto lo martoriavano. Il cuore di Luigi era stato educato alla sventura, sin dalla infanzia respirò l’alito della miseria, bevve al calice delle amarezze, e i suoi primi palpiti non furono che per la memoria di suo padre, per la madre e per l’arte. Eran questi i sentimenti che infioravano la vita di Luigi, ed avrebbe tutto arrischiato, per sostenere la ca­dente genitrice e procacciarsi il nome di valente nell’arte sua.
Luigi adunque contemplava l’opera sua; egli avea già terminata la testa del suo eroe, ed ora se ne stava a riguardarla con quell’estasi e quella ebbrezza di chi è contento del fatto suo. Sfio­ravagli il labbro un dolce sorriso; come quello della vergine il giorno della promessa, ed una lacrima tremolava sul ciglio... lacrima di desìo e di contento! Luigi era felice. 
Eppure egli era povero... ma povero assai. Il di lui padre ricco ed onesto speculatore trasci­nato da bugiardi amici nel vortice di mali affari, fiduciando nella di costoro buona fede, quando credè più presto preparato un agiato avvenire alla sua famigliuola, fu costretto a ritirarsi e fallire. Da uomo onorato che era, cedè tutto ai creditori ed impazzì. Scorsero poche lune, e travagliato dalle catene in cui giacea, se ne moriva fra gli spasimi e le angosce, lasciando una moglie desolata ed un orfanello in sulla strada. La madre ed il figlio per lunghi anni una vita di stenti e di mortificazioni. Ancor bambinello, Luigi, nel più fitto inverno, vedeasi ronzare per quelle casette alla Kalsa intirizzito dal freddo e colle lacrime agli occhi , ora con un fardellino di oggetti a vende­re, ora un prestito a dimandare, e quindi tor­nare, quando avea fatti quattrini, allegro alla ma­dre, che lo satollava con una buona fetta di pane ed un po’ di formaggio, che dovea saziarlo, sino alla dimane, ed intanto
la buona madre non lasciava di educarlo e d’insegnarlo a leggere e scrivere; ed anzi il curato della vicina parroc­chia lo iniziava in quei primi rudimenti, e le mille volte la lezione finiva con un bel piatto di legumi che l’orfanello dividea colla madre.
A quindici anni Luigi era un bel giovanetto, ma ignaro di se e del suo avvenire. Già da qualche anno, tratto dal suo genio, nelle ore di ozio baloccava con della creta formandone ora un cavallo, ora un animale, or una figura, e quindi si era posto a studiare scultura sotto la direzione di un nostro valente concittadino. Però dovea pensare giornalmente come sfamar se e la sua buona madre, né l’arte intrapresa promettevagli da vicino fornirlo del bisognevole. Pensò suo malgrado adunque abbandonarla, ed ebbe un posto di scritturale presso la casa di un trafficante a pegni, val quanto dire un marcio usuraio. 
Colà passava molte ore del giorno a schiccherar cifre e poi cifre, ch’eran sangue e poi sangue di tanti poverelli. Ma era tanto e sì tenace l’istinto che chiamavalo alla scultura, che riducendosi a casa nella sera, stanco delle molte ore spese a quel noioso e crudele travaglio, ributtante per se stesso e per l’umanità, prendeva un pezzetto di legno e della creta, e modellava teste e gambe e braccia, e passava in siffatta guisa alquante ore della notte. Però questa triste continuità di noie e di dolori, di sforzi e di fatiche, questo contrasto permanente del suo cuore e della sua posizione affralirono talmente il di lui spirito che si ammalò! Pensate con che cuore la povera Genoveffa, si stava al pagliericcio del figlio! Quante lacrime dovè ella versare al pensiero della di lui perdita, e questo pensiero presentavasi più funesto all’animo di Luigi, chè avrebbe lasciata sola e senza speranza la madre! 

Benedetto Naselli: I misteri di Palermo. 
Pagine 274 - Prezzo di copertina € 21,00 - Copertina di Niccolò Pizzorno. 
Disponibile in libreria e in tutti i siti di vendita online. Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 

lunedì 18 dicembre 2017

Fra' Domenico Spatola: Una notte speciale. Tredici favole e non solo per raccontare il Natale di Gesù


Quando nacque il Salvatore dei pastori...

Quando nacque Gesù, tutti i bambini di Betlemme non andarono a scuola. “Tutti?” direte voi. No, soltanto i figli dei pastori, perché volevano festeggiare Gesù, “il loro Salvatore”. 
Così, nella notte santa, l’avevano presentato gli angioletti ai pastori, che all’inizio erano impauriti. 
Detto tra noi, i pastori non compresero molto, quell’annuncio tuttavia piaceva. E, in fretta, erano accorsi a Betlemme, portando qualche regalo per il Bambino perchè la famiglia poteva averne bisogno. Tra i poveri questa è legge di solidarietà. 
Seguirono le indicazioni degli angeli ma, giunti in paese, con viva sorpresa non lo videro parato a festa. Mancavano infatti le luci, oltre le solite; non c’era la banda musicale e le strade erano deserte. 
A Betlemme tutti dormivano. Eccetto i pastori alla ricerca della via e del numero civico dove bussare. Trovata la casa – si fa per dire – che era una stalla, bussarono trepidanti e increduli di trovare proprio là dentro il Signore dell’universo. Aprì un uomo che subito si allarmò nel vedere la folla dei pastori, avendoli scambiati per ladri venuti a rubare. Non c’era molto nella casa: qualche arnese di lavoro e soprattutto tanta povertà. 
Il povero Giuseppe – avrete capito che era proprio lui – impreparato a quella visita inaspettata scoprì con stupore che quei pastori erano venuti a congratularsi per la nascita di Gesù, che, Angeli misteriosi, descritti da loro come “uccelli bellissimi dalle ali dorate”, avevano indicato come “loro Salvatore”. Raccontarono inoltre che nel vederli allontanare nell’infinito azzurro del cielo, le loro pecore, le mucche, gli asinelli e anche i cani avevano cominciato a parlare fra loro. Il gallo sembrava impazzito dalla gioia, perché, disorientato dalla luce straordinaria a mezzanotte, cantava senza smettere sonori chicchirichì, con grande felicità delle gallinelle, sue spose. Non capirono molto i pastori dell’insolito prodigio né cosa si raccontassero gli animali in quella magica notte....


Quando Dio preparò il presepe a suo Figlio...  

Un giorno, tanto e tanto tempo fa, quando ancora non c’erano le stelle così che nessuno poteva sognare, e neppure la luna, così che nessuno poteva amare, il buon Dio pensò di costruire il presepio per il suo Figlio Gesù, e insegnare agli uomini come farlo, chè altrimenti non avrebbero potuto. 
Quella mattina lontana, dunque, si mise a lavoro. Prese un lenzuolo grande grande per fare il cielo. Come fanno le mamme, lo stese ad asciugare dopo averlo lavato, e stette attento che non si gualcisse, perché Dio fa sempre le cose per bene. Quindi versò sul lenzuolo tanto colore azzurro che in alcuni punti diventò così scuro da sembrare notte. Allora cominciò ad accendere in quella parte le stelle. 
Ne fece tante e di tutte le grandezze. Belle, pulsanti come i cuori dei bambini, e piene di vita. Godeva, come l’artista dinanzi alle sue meraviglie, e si attardava a farne sempre di più. In verità per lui era facile, e, tutto come per magia, gli usciva dalle mani, così che chiunque lo vedeva giurava che quasi giocasse.  
Quando si accorse che il cielo era coperto di stelle e stelline di ogni forma e grandezza, pensò di crearne una, un po’ diversa dalle altre. Gli serviva per indicare ai Magi che sarebbero venuti da lontano a portare i regali al suo bambino Gesù. E così creò la cometa. Gli riuscì veramente bella e con una coda da ingelosire le altre stelle. 
Una volta completato lo spazio superiore, cioè quello celeste, il Padre Eterno si cimentò a modellare la Terra, con le montagne increspate e spruzzate di neve, e le pianure rivestite di verde con tanti fiorellini di campo: le violette, le primule, le margheritine. 
Non poteva mancare il fiume con le fontanelle. Poi pensò alle pecore, tante e tutte belanti con voce argentina, accompagnate dal suono delle campanelle che portavano al collo, a segnalare la presenza. Le seguivano pastori di tutte le età. I più anziani lentamente, mentre i più giovani baldanzosi correvano avanti, come se sapessero già dove andare. 
Ora toccava costruire le casette di Betlemme. Qui la bottega di Dio diventò una vera fabbrica. Gli angioletti si davano da fare, chi a preparare i tetti delle case, chi gli interni e le stradine, tutte rigorosamente in pietra viva. Il presepio doveva infatti apparire in tutta la sua verità e bellezza. 
Dopo tanto e tanto lavoro, il buon Dio si mise a riflettere, indeciso sul dove fare nascere Gesù.



Fra' Domenico Spatola: Una notte speciale. Tredici favole e non solo per raccontare il Natale di Gesù. Con le illustrazioni della pittrice Alessandra Veccia. 
Pagine 102 - Prezzo di copertina € 13,00 
Disponibile in libreria e in tutti i siti di vendita online. 

Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 

Metti un libro di favole sotto l'Albero di Natale per i tuoi bambini

Francesca Romano: Siamo tutti un po' orsi un po' porcospini. Con le illustrazioni di Dafne Zaffuto. 

Nella favola: "Il sogno di Bruno", il principe Bruno e la principessa Azzurra, con caratteri profondamente differenti e complementari, s'incontrano in un sogno sotto forma di orso e di delfina, ma si ritroveranno nella vita reale e renderanno le loro diversità un punto di forza.

"Pino porcospino arrabbiato"
Pino dovrà affrontare un lungo cammino per comprendere che potrà sempre contare sull'amore dei genitori, anche se non vivono più nella stessa tana. 



Faìda è una giovane principessa dal cuore spezzato: si è rotto in mille frammenti che sono caduti nelle fenditure del pavimento. Per dimenticare il dolore, partirà per un lungo viaggio con l'amica Fannia, durante il quale incontrerà l'amore a ricomporre tutti i pezzi del suo cuore. 



Pagine 65 - Prezzo di copertina € 13,00
Disponibile in libreria e in tutti i siti di vendita online
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 

Benedetto Naselli: La fuga. Tratto da: I misteri di Palermo.


- Odoardo la nostra vita è in periglio! Tienti, – e in così dire lasciò scaricarsi dolcemente allo ingiù una scaletta di seta color verde, il colore che riunisce tutte le gioie, tutte le speranze di questo basso mondo. Odoardo arrampicandosi per due o tre scalini, facea puntello colla mano destra a colei che veniva al basso. Quando toccarono entrambi il terreno Maria fu avvolta nel bavero di Odoardo. Il fedele Tom, l’uomo dal rosso gambero, che facea vedetta, mise sulle spalle del suo signore il proprio mantello, tolse via la scaletta, e tutti e tre difilati si avviavano verso Porta Felice. 
Mentre che costoro incedono coi loro passi al loro destino, e sarà poi nostra cura rinvenirli, diremo due parole al nostro lettore. 
I nostri quadri, non potranno seguire fil filo l’unità del nostro racconto, tant’è la svarietà dei nostri eroi, la differenza delle loro passioni, i caratteri coi quali si presentano in società, e il punto di vista sotto il quale noi li mettiamo agli occhi dei nostri leggitori, ond’è che questi alle volte si troveranno lasciati sul più bello della storia, o presi alla strasatta dall’appariscenza di soggetti o di scene, che forse freddi o triviali a primo colpo d’occhio, pure, troveranno in prosieguo un eco nei rumori di chi palpita ai moti dell’amore e della sventura. Lo ripetiamo adunque, se tali spezzature o meglio intrusioni, sono difetti, la colpa non è nostra, ma dei molteplici fatti succedentisi, i quali, noi promettiamo solo, svolgere alla distesa. 
Dopo ciò, perché sappi o lettore chi erano quei due esseri misteriosi, che di loro alle volte si parla, o per dir meglio si sparla tanto in società, che si credono soggetti or maligni ed ora equivoci, che se ne dice tanto dei fatti loro e son segno dell’altrui satira, perché sappi chi era Maria, eccotene i preliminari della di loro storia.

Benedetto Naselli: I misteri di Palermo. Collana Gli introvabili. 
Pagine 274 - Prezzo di copertina € 21,00
Disponibile in libreria e in tutti i siti di vendita online
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice con lo sconto del 15% al sito www.ibuonicuginieditori.it 

Benedetto Naselli: I misteri di Palermo


Il mio libro ti offre fanciulle affralite dall’oltraggio dei mali che non poterono rovesciarle che in un colla vita; t’imbatterai in uomini di cuore eminentemente sublime nella cui mente fremeano forse concetti generosi atti a farci migliori e crescer lustro alla patria, starsi sotto la boriosa jattanza d’uomini superbi, a intercettar loro per sempre il cammino; scorgerai più di un desolato, che avrebbe volontà e potenza di fare ed è privo di mezzi; palpiterai ai moti di cuori affranti ed abbattuti dalla dolorosa gradazione della miseria a cui la società dimentica dei propri figli, confida l’orfano ed il miserello che son pure nostri fratelli; varcherai in fine più in là la triste soglia ove l’omicidio, il furto, il vitupero, e tutta quanta la putrida sentina dei vizi han ricetto.

Il mio libro sverterà dall’occulto vizi e virtù, opere magnanime e prostituzioni cittadine; ti porrà sott’occhio quadri alla vista dei quali indietreggerai a prima giunta, ma educheranno il tuo cuore alla scuola della verità che ti comparirà più bella nella sua nudità, senza barbare vestimenta accattate ad imprestito; ti mostrerà lacrime che ti sarà dato di asciugare; ti farà sentire la sublime grandezza, di chi consola, anima e protegge l’infelice, che mancando di conforto e di protezione, non ardisce ed ha vergogna di stendere la destra tremante.

Lettore! Gradiscine lo scopo che è santo, non incolparne la volontà se non mi sorressero le forze.

Benedetto Naselli 

Benedetto Naselli: I misteri di Palermo. Collana "Gli introvabili"
Pagine 274 - Prezzo di copertina € 21,00 - Copertina di Niccolò Pizzorno. 
Disponibile in libreria e in tutti i siti di vendita online.
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it