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lunedì 19 ottobre 2020

Vincenzo Linares: La civiltà. Tratto da: Il Cholera in Palermo. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del 1837 devastata dal cholera.

Poco dopo all’uscire dal giardino mi fu nota la cagione di quel bisbiglio, di quello spavento. Era il sette giugno, e il formidabile malore, che da venti anni percorre l’Europa, scoppiava inopinatamente a disertare la bella Palermo. Due miserabili marinari (Angelo Tagliavia e Salvadore Mancini) giacevano i primi sul letto di morte: il perché lo spavento e il bisbiglio prendevano un carattere più generale ed aperto a misura ch’io mi veniva raccostando alla città. La folla si avviava al quartiere della Kalsa; colà si alzavano profumi, si affaccendavano colà guardie, soldati, medici, magistrati, e un codazzo di popolo più incredulo che atterrito dal presente pericolo.
- Son morti di cholera!
- Di cholera?
- Ma che cholera!
- Son vivi!
- Dagli a bere un bicchieretto di quello... eh! staran bene!
- Gli ammazzano con quei profumi, gli ammazzano! 
Queste cose e molte altre correvano per le bocche di coloro che stavano lontani dalla scena; gli altri, che erano nella strada, si affollavano alla porta della casa senza cautela, senza cautela entravano dove giaceva uno degl’infelici già fatto cadavere, ne toccavano le vesti ed anche il corpo; e non vedendo i terribili segni indicati da’ medici, nè uscirne cosa che potesse al momento farli pentire dell’atto sconsigliato, scoppiavano in iscrosci di risa. Alcuni si affrettavano temendo la burrasca di trasportar casse, mobili, tavole e che so io. 
- Ohè largo!
- Il medico, il medico! 
Tutti voltarono gli occhi alla porta, tutti si fecero da canto: entrò il medico, anzi non entrò, restossi avanti la porta a dieci palmi (misura legale!) del cadavere, fissò gli occhi spalancati sul letto di morte, guardò meglio con la lente per due minuti, fece una contorsione di labbra, gittò un largo fiato dal naso, si pose un fazzoletto alla bocca, e via. La qual cosa fu motivo di risa e di spavento nella folla. 
- Vedesti? gli è fuggito! 
- Dunque è cholera!
- Non conosciamo meglio de’ medici che cosa sa fare il vino?
- Effetto di bettola!
- Effetto di vino! 
La strada intanto fu cinta di guardie, chi era dentro restò dentro, uomini, donne, vecchi, giovani, novanta circa, la gente di fuori in parte si disperse, in parte restò con animo di vederne la fine. I magistrati davano forti provvedimenti, una commissione medica si preparava a fare la sezione de’ cadaveri. Furono questi portati di notte al Lazzeretto e distesi sopra uno scoglio. La commissione a dieci palmi di distanza (misura legale!) osservò i cadaveri con cannocchiali e con lenti, un chirurgo li tagliò non per amore dell’arte ma pel caro suono di trecento ducati. Fu deciso ch’eran forti i sospetti del cholera. 
Quando la nuova se ne diffondeva per la città, e più certa giorni dopo per altri casi avvenuti, furon varii i pareri quanto gli uomini, varie le voci quanto le lingue; chiudevansi le porte dell’Università; disertavansi i collegi, i licei, le scuole; non echeggiavano più di bei concerti le volte del Carolino. Oh come cangiò ad un tratto l’aspetto della città! Come sparirono e i volti ridenti, e il romore de’ cocchi, e l’allegra veduta del Foro borbonico! L’infernale parola girava per tutte le bocche, risuonava per tutte le orecchie, prendeva tutti gli aspetti fra i fantasmi del timore, fra i motteggi, fra gli scherzi, fra le dispute solenni. E in mezzo a tante diverse passioni il volgo incredulo sprezzava i fantasmi e i timori.
- Effetto della crapula! – gridava, – effetto del vino! 
V’era qualcuno più saggio che diceva come ora scrivo;
- Effetto di civiltà! 
La città intanto dopo il primo spavento erasi abbandonata a belle illusioni per la tregua che seguì il caso fatale. Sei giorni interi eran passati senz’altri accidenti, già tornava la calma, si rideva del temuto pericolo, e si rianimavano le sale ed i passeggi. Ma la subita morte del medico Angileri fè svanire ogni mal concepita speranza, e il giorno medesimo e quelli appresso altri casi avvennero che non fecero più dubitare della temuta calamità. La certezza sconvolse allora le menti, e si pensò solo a mezzi di salvezza e di cautela, e tutti si provvedevano di medicine, e tutti raccoglievano vettovaglie, e folle di persone popolavano le campagne, e i villaggi vicini; i ricchi si barricavano come in castelli; i provinciali salvavansi ne’ loro nativi paesi, e carri senza fine trasportavano robe e masserizie, e carrozze e cavalli partivan volando per ogni punto, e per le strade, nelle campagne, nelle case, ne’ monasteri, nei conventi, dovunque era un andare, un venire, un chiedere, un temere, un dolersi, uno sgombrar di persone, un iscansare il contatto, un fuggire. E il volgo incredulo spregiava solo i timori ed i pericoli, e i saggi ripetevano: Ecco gli effetti della civiltà. 


Vincenzo Linares: Maria e Giorgio o Il Cholera in Palermo. 
Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo devastata dal Cholera del 1837. Il volume è la fedele riproduzione dell'opera originale pubblicata nel 1838 dalla tipografia Francesco Lao. 
Postfazione del dott. Rosario Atria, cultore di Letteratura italiana nell’Università degli Studi di Palermo.
Copertina di Niccolò Pizzorno.
Pagine 163 - Prezzo di copertina € 16,00
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (spedizioni in tutta Italia € 2,90) 
Disponibile su Ibs, Amazon e tutti i siti vendita online. 
In libreria presso: La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour 133 - Palermo)



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