Quando queste cose fra noi avvenivano, ne correva la voce all’estero ben varia e diversa. Qua si soffriva, si piangeva, si moriva, colà si creavano le più strane fantasie: qua un’orribile tragedia, colà una ridicola farsa. Si narrarono cose orrende, si dipinse Palermo in preda alle stragi, alle rapine, agl’incendi, preda di una plebe insolente. Ministri della fama furono i giornali d’oltremonte, e la fama colle sue mila trombe ne sparse la voce dovunque.
Nel secolo di Victor Hugo ogni talento è una fantasia, ogni scrittore un romantico: nè c’era miglior soggetto di questo in un tempo in cui il brutto e il grottesco son di moda, e le scritture riboccano di boia, di veleni e di mannaie. Mano dunque alla penna, anzi a cento penne; mano alla descrizione, in cui il secol nostro è così inventivo e prodigioso. Quindi il dramma, il romanzo o la tragedia (come volete chiamarlo) divenne più vivo e animato: Palermo teatro di orrende scene: le strade insanguinate, le case incendiate, le teste de’ medici galleggianti pel mare, perché ogni dramma dee aver le sue teste: quindi il Capo del Governo trucidato, perché una catastrofe al dramma era pur necessaria.
Tutto fu raccolto con estrema pazienza ciò che si era detto e non detto, ciò ch’era avvenuto e non avvenuto: ci furon morti, ci furon stragi, ci furon veleni, ci fu ancora la chiesetta (idea romantica!) dove si erano riuniti gli assassini al modo dell’ultimo canto della Gerusalemme, e dove fu accanito il combattimento, e decisiva la vittoria pei soldati, quei soldati che grazie a Dio non ebbero qui fra noi occasione di tirare una fucilata.
Ma chi pensava allora tra noi a sì strani aborti di fantasia? Chi dolevasi di tante calunnie? Anzi che sdegno quell’effetto produssero che suole la vista di una ridicola farsa; e se ripetevansi egli era fra le risa e il contento; sì fra le risa e il contento, che già cessava il divino flagello. Agosto sorgeva con più lieti auspici.
Tanto avea fatto un mese di sventura, tanti affetti destati, tanti odî sbanditi; un mese era per noi un secolo, ma un secolo di pene e di sventure. Trentamila uomini eran caduti, il fior della bellezza, il fior delle lettere e delle scienze: Scinà, quel sole della nostra letteratura, Bivona il botanico, Palmeri lo storico-economista, Foderà il nostro Cuiacio, Greco il medico, Tranchina lo scopritore del nuovo sistema d’imbalsamazione, Costantini il poeta, Pisani, Di Giovanni, Riolo, ed altri tutti onore e decoro di questa nostra patria.
Vincenzo Linares: Maria e Giorgio o Il Cholera in Palermo.
Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo devastata dal Cholera del 1837.
Il volume è la fedele trascrizione dell'opera originale pubblicata nel 1838 dalla Tipografia Francesco Lao. Postfazione del dott. Rosario Atria, cultore di Letteratura italiana nell'Università degli studi di Palermo.
Prezzo di copertina € 16,00
Copertina di
Niccolò Pizzorno
.Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito ibuonicuginieditori.it (spedizioni in tutta Italia)
Disponibile su Ibs, Amazon e tutti i siti vendita on line.
In libreria presso La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour 133, Palermo)
Nessun commento:
Posta un commento