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martedì 29 luglio 2025

Antonio Petrucci: Poi arrivò la terribile estate del 1985... Tratto da: La pelle del serpente (Ricerche sulla mafia 1860-2006)

Poi arrivò l’estate; un’estate terribile, durante la quale furono assassinati il commissario Giuseppe Montana e il vice questore Ninni Cassarà. 
Il primo a cadere sotto i colpi dei killer è Montana. 
Domenica 28 luglio a Porticello, località balneare a est di Palermo, Montana rientra con la fidanzata da una gita in motoscafo. È in costume da bagno e perciò disarmato; ma in fondo ciò ha poca importanza: quando ti sparano e non te l’aspetti, armato o disarmato fa poca differenza. Muore Montana e muore, durante l’interrogatorio in Questura, Salvatore Marino, un giovane pescatore sospettato di avere partecipato – forse come “palo” – all’agguato. Può darsi che la morte di Marino abbia fatto precipitare gli eventi, ma è più facile credere che l’uccisione di Cassarà fosse decisa da tempo.
Occorre ricordare che già nel 1982 la squadra mobile di Palermo aveva redatto il “rapporto dei 162” (ovvero “Greco Michele + 161”) che costituiva il primo tentativo di disegnare la mappa dei clan mafiosi. Inoltre Cassarà aveva compreso che Cosa Nostra era “guidata dall’alto” e le sue azioni, apparentemente slegate, corrispondevano in realtà a una strategia unica. Montana e Cassarà facevano sul serio il loro mestiere e la mafia lo sapeva. Solo una decina di giorni separano la morte del primo da quella del secondo.


Antonio Petrucci: La pelle del serpente. Ricerche sulla mafia (1860-2006)
Pagine 141 - Prezzo di copertina € 15,00
Il volume è disponibile: 
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna gratuita a Palermo, consegna a mezzo corriere o raccomandata postale in tutta Italia).
https://www.ibuonicuginieditori.it/shop-online?ecmAdv=true&page=1&search=la%20pelle%20del%20serpente
Disponibile su Amazon Prime e tutti gli store online. 
In libreria presso: 
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita Centro Commerciale Conca d'Oro), Libreria Zacco (Corso Vittorio Emanuele 423), Libreria Modusvivendi (Via Quintino Sella 79), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), La Nuova Bancarella (Via Cavour di fronte La Feltrinelli) 

Antonio Petrucci: Il 29 luglio 1983 un'autobomba esplode uccidendo il giudice Rocco Chinnici... Tratto da: La pelle del serpente. Ricerche sulla mafia (1860-2006)

È il 9 luglio 1983: dall’Ufficio istruzione del Palazzo di Giustizia, a Palermo, vengono emessi quattordici mandati di cattura contro mandanti e killer dell’omicidio dalla Chiesa: tra essi Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Salvatore Greco, Nitto Santapaola, Pietro Vernengo.
La risposta della mafia non si fece attendere. Il 29 luglio un’autobomba esplose uccidendo il giudice Rocco Chinnici, capo dell’Ufficio istruzione. Chinnici era stato avvisato del pericolo che correva e aveva informato le sue guardie del corpo lasciandole libere di scegliere se continuare quel pericoloso servizio. Gli uomini di scorta non vollero lasciarlo. Morirono così con lui il maresciallo Mario Trapassi e l’appuntato Salvatore Bartolotta. Si salvò miracolosamente un terzo carabiniere, Giovanni Paparcuri. Nell’esplosione perse la vita anche il portiere dello stabile in cui abitava il giudice, Stefano Li Sacchi. “Palermo come Beirut” titolarono i giornali.
L’attentato a Chinnici è certamente il tentativo di bloccare la battaglia dichiarata a Cosa Nostra dall’Ufficio istruzione. Ma, a sostituire Chinnici, giunge da Firenze Antonino Caponnetto, un magistrato, siciliano d’origine, che sarà guida del pool fino al così detto maxi-processo (1986).
È lo stesso Caponnetto, nel suo libro, I miei giorni a Palermo, a ricordarci il nucleo originario del pool, cioè Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta (ed è interessante il “ritratto caratterologico” dei quattro tracciato dal loro capo).
Di questi eccellenti magistrati il più noto è Giovanni Falcone. Nato a Palermo nel 1939, Falcone era entrato in Magistratura nel 1964 e si era “fatto le ossa”, come sostituto Procuratore, a Trapani. Rientrato a Palermo nel 1978, era andato a lavorare all’Ufficio istruzione diretto da Rocco Chinnici, dove lo affiancò Paolo Borsellino. Nel 1980 Chinnici affidò a Falcone il processo contro Rosario Spatola che era diventato, partendo dal nulla, uno dei maggiori costruttori della città. Da questo momento la sua storia attraversa la storia di Palermo – una città che lui ama ma che non lo ama – una città difficile, almeno in quegli anni, dove si vive bene a patto di non entrare in rotta di collisione con la mafia.

Antonio Petrucci: La pelle del serpente. Ricerche sulla mafia (1860-2006)
Pagine 141 - Prezzo di copertina € 15,00
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venerdì 11 luglio 2025

È anche questa una delle caratteristiche di Palermo, città tutta di amore, quella di essersi messa sotto la protezione di una santa giovine e bella. E quindi santa Rosalia è a Palermo ciò che san Gennaro è a Napoli, la onnipotente dispensatrice de’ benefici del cielo; ma più di san Gennaro ella è di razza francese e reale e discende in retta linea da Carlo Magno, siccome dimostra un albero genealogico, dipinto sopra la porta esterna della cappella, albero il cui tronco esce dal petto del vincitore di Vitikind, e che, dopo di essersi diviso in più rami, si riunisce in cima per dare nascimento a Sinibaldo, padre di santa Rosalia. Ma tutta la nobiltà della sua prosapia, tutta la ricchezza della sua casa, tutta la beltà della sua persona, non cangiarono in nulla le risoluzioni della giovane principessa; lasciò ella, a diciotto anni, la corte di Ruggiero, e, trasportata alla vita contemplativa, sparve ad un tratto, né si seppe più ciò che ne fosse, se non che dopo la sua morte fu rinvenuta bella e fresca, come se ancora vivesse, nella grotta da lei abitata, e nell’attitudine stessa in che erasi addormentata del sonno casto ed innocente degli eletti.

Finalmente al corpo della santa fu sostituita una bella statua di marmo, coronata di rose, e coricata nell’attitudine stessa in cui la santa erasi addormentata, ed al luogo medesimo dove fu rinvenuta. Il capo d’opera dell’artista fu ancora arricchito da un dono reale; poiché Carlo III di Borbone vi aggiunse un abito di tessuto d’oro, stimato del valore di cinquemila scudi, una collana di diamanti e di pietre magnifiche, e, volendo accoppiare gli onori cavallereschi alle ricchezze mondane, ottenne per essa la gran croce di Malta, che pende da una catena d’oro, e la decorazione di Maria Teresa, ch’è una stella circondata di alloro, con questa leggenda: Fortitudini.

Alexandre Dumas: Pasquale Bruno. Romanzo storico siciliano (pubblicato per la prima volta a Palermo dallo Stabilimento Poligrafico Empedocle nel 1841) preceduto dal saggio storico "Storie di Banditi" di Luigi Natoli (pubblicato in tre puntate sul Giornale di Sicilia dal 14 gennaio 1930)
Pagine 129 - Prezzo di copertina € 13,50
Copertina di Niccolò Pizzorno



Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it Consegna gratuita per chi ordina da Palermo. Selezionare dal menu a tendina del carrello il codice postale 90100. Consegna a mezzo corriere o raccomandata postale in tutta Italia. Contattaci alla mail ibuonicugini@libero.it
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Un nuovo volume si aggiunge alla Collana Fiabe e Favole: Fedro e me. Favuli.

Isbn: 9791255470489
Pagine 141
Prezzo di copertina € 15,00
Copertina e illustrazioni di Totò Mazzara 
 
Le favole sono, nella loro semplicità allegorica, fonte di saggezza, trasmettono valori morali, sociali e culturali, insegnano a distinguere tra il bene e il male, stimolano l'immaginazione e il pensiero critico, fanno riflettere sui problemi della vita creando momenti di conforto e di speranza, nel credere di aver la forza per superare tutti gli ostacoli che la vita ci mette dinanzi. 
Per tutto questo si scrivono le favole, nella fiducia che l'una o l'altra possano servire da bastone d'appoggio per l'anima, nei momenti difficili della nostra esistenza. 
 
Totò Mazzara
 
La raccolta si compone di sedici favole disposte a coppia di due: la prima di Fedro, scritta da Totò in dialetto siciliano, e la seconda di Totò.
La traduzione dal dialetto in italiano, a cura dell'editore, è stata fatta con testo a fronte e alla lettera, con una terminologia più vicina possibile allo scritto originale per facilitare la comprensione di chi legge, anche se a scapito di un italiano più corretto e adeguato. 
 
I Buoni Cugini Editori 

Il volume, in uscita dal 18 luglio, sarà disponibile: Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna in tutta Italia).
Puoi contattarci alla mail ibuonicugini@libero.it o al whatsapp 3894697296.
Consegna gratuita per chi ordina da Palermo (selezionare dal menu a tendina del carrello il C.A.P. 90100). A mezzo raccomandata postale o a mezzo corriere in tutta Italia.
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In libreria e nello specifico presso: La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita Centro Commerciale Conca d'Oro), Libreria Zacco (Corso Vittorio Emanuele 423), Libreria Modusvivendi (Via Quintino Sella 79), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), La Nuova Bancarella (Via Cavour di fronte La Feltrinelli)

lunedì 7 luglio 2025

Benedetto Naselli: Il Festino. Tratto da: I misteri di Palermo. Romanzo storico siciliano.

Quando una pestifera lue nel giugno 1623, violenta, subitanea contaminava la bella Palermo, che apparve quasi incredibile come vi si andasse rapidamente moltiplicando, e tanto mutamento facea, onde gli umani aiuti prodigati con sol­lecitudine e magnanimità, mancaron d’effetto. Ma un’angioletta della prosapia dei Marsi e per essi di Carlo Magno, congiunta per consan­guineità a Costanza figlia di Ruggiero, nel pa­rentado affine all’imperatrice Costanza ed al pri­mo Guglielmo; Rosalia riportava all’eterno colle sue lacrime i pianti di quaggiù, tenera colomba che sospirando il suo compagno fuggìa dal fre­mito d’ogni umano consorzio ricercandolo nella solitudine. Essa dietro una vita di stenti volò agli amplessi beati, all’ebbrezza interminabile lasciando la fredda salma su di un’erta inacessa. Ecco l’erta sacra, ecco la statua di sua onoranza. Il suo piano ci valse nei dì del dolore il perdono dell’eterno; si terser le lacrime, la chiesa fu in ricca veste, la salma di lei rinvenuta sul ciglione rimoto, fu iride di speranze e consolazioni avvenire.
Pei borghi, per le campagne, pei trivi, e per le strettissime vie della città di Palermo, si conducevano quelle reliquie preziose; e qual nelle uste lande di Egitto spargeva tra il popolo immenso, immense le grazie l’arca del patto, così dal tepor santo di quelle ossa era scacciata la peste ingagliardita, dal tepor di quelle ossa si ebbe la salvezza fra tutti, dal tepor di quelle ossa le benedizioni sgorgarono, ed il sorriso.  
E non delle grame femine e paurosi vegliardi fu sola la credenza, la venerazione ed il culto, ma di cuori i più rotti alle sfrenatezze, delle menti trascendentali che riverenti prostraronsi ad omaggio della vergine, e che la gente minuta non solo, ma ben anco duchi e baroni disarmato il fianco e col cereo votivo, procedeva­no a ringhiere innanzi la sacra urna che contenea le reliquie della benedetta. 
A meglio perpetuarne la gioia quindi, della ricevuta beneficenza si vollero dai palermitani istituite annue solennità; si volle, e ogni anno alla cara memoria del fatto e ad eternare gli encomi, il giubilo e laudazioni, cinque dì si consacrano alla Verginella romita come in tenero tributo di amore. 
Fin da quell’anno poi, cioè dal 1626, come che avesser cambiato i costumi e le tendenze, a seconda delle diverse fisonomie del secolo pure fermo e duraturo è rimasto, e rimarrà pei tempi avvenire l’istesso culto e gli stessi trion­fi; poiché ogni secolo ha la propria fisonomia, ogni tempo ha le sue mode, i suoi costumi, le sue scene di vita; ogni epoca è sempre avida di novità buone o cattive poco monta, purché s’innovi, non si cura del vantaggio o del detri­mento; nelle società vi è sempre vaghezza di riforme, di mode, di tramutamenti negli abili, negli adorni, nei passatempi; ma le religioni che vi regnano sono indelebili, il culto che si pro­fessa è sempre intaminato, in ciò sol non s’in­nova, si è ligi ben anco nei pregiudizi, si è uni­formi anche nel modo. 
Era la gran macchina del trionfo un magni­fico carro, che già dì faceasi altissimo tanto da sprofondare il terreno, far guasti e rovine; ma di anno in anno si è venuto diminuendone la mole, accrescendone però la gaiezza dei drappi che l’adornano, meliorandone il disegno, l’idea e la maniera. Esso carro giunto a porta Nuova pose termine per quel dì alla sua missione. La folla dietro a lui dileguavasi equilibrandosi per la città insino a sera, che alle ore 24 comin­ciava a illuminarsi la via Toledo ed il Foro Bor­bonico, ove sorgea la gran macchina dei fuochi artificiali, che rappresentava un tempio sullo stile composto, negl’intramezzi del quale erano dipinti temi esclusivamente propri di glorie patriottiche, pel santo scopo, onde il popolo per vie indirette conosca la sua prisca grandezza, e perché una volta privo di avere attinto al sacro fonte della storia patria, o a delle luminose tradizioni, possa conoscere qual furono gli avi suoi, per mezzo dei simulacri e dei dipinti. 
Un popolo immenso affollato stretto sino a perderne il respiro, gremiva tutto il Foro Borbo­nico; un’onda di popolo sbucava incalzando dalle porte cittadine, e parea che la piena rovinosa volesse soverchiare il terreno; ma più che si avanzava, più correva al suo equilibrio, come l’onda marina incalzata dall’onda, si sconvolge per poco e si appiana. Da ogni altura, da ogni terrazzo era un brulicar di teste, che miste tra il buio della notte, parean fantasmi vagolanti nell’aere. Le due ore della notte si udivano battere più d’una volta successivamente dagli spessi oriuoli della città, ed era il punto che Sua Maestà Ferdinando I, di augusta ricordanza, giun­geva col treno al terrazzino di contro alla gran macchina dei fuochi. Ciò era in quei dì beati quando la Corte allietava Palermo colla sua pre­senza. Colà era tutt’altra scena e tutt’altra ga­iezza. Una tenda vaga di bei colori, rischiarata da mille profumate facelle, ove un coro di scelte dame, cavalieri e baroni, ricambiavano i loro complimenti: ah! quella era tutt’altra scena! I brillanti dei loro monili che gareggiavano col foco delle torce, i colori svariati dei loro veli, dei loro ricami e dei loro guardinfante, sem­bravan quelle dell’arcobaleno; tutto era brio e magnificenza, tutto era vago e leggiero come i loro pensieri, tutto era caro come la loro leg­giadrìa, tutto cortese, tutto alla moda, perché la moda predominava nei loro vestiti, nelle loro maniere, nei bei motti, nelle loro arrendevo­lezze. Un folgore che si lanciò per l’aere, poi uno ed un altro, annunziavano lo sparo. E allora bombe che si estollevano in alto co­me palle di fuoco, e ricadevano scoppiando a forme di pioggia d’oro e d’argento. 
Il rimbombo, lo scoppio, le fiamme, il cre­pitare, le acclamazioni, eccedeano nella fine ogni illusione – motus in fine velocior – un minuto e una bomba, poi un’altra, e tutto fu silenzio, se non che succedevano ad atomi le voci dei rivenduglioli, le imbandigioni di sementi cotte, di rinfreschi, e tutte sorta di golosità. 
La folla cominciò nuovamente a rimestarsi: uno incalzava l’altro che incalzato camminava più per la corrente impetuosa che pel proprio divisamento, andava sbucando per diverse direzioni, chi a furia di gomiti spingeasi per la Villa così detta per antonomasia, cioè Flora o Villa Giulia, talmente appellata da Giulia Guevara moglie del vicerè Colonna, che la ridusse. 
Questa Villa era tutta ingemmata di luce nei suoi alberi, nei suoi viali, nelle sue belle fontane, gremita di piante, di cupolette, vaga e ridente di poggi e di terrazze, cara e melanconica fra i cipressi e le tombe d’illustri trapassati. 
Scelte bande musicali spartite in diversi punti aggiungean prestigio a quel luogo divenuto soggiorno di Silfidi e di Driadi oretee, poiché tanto il romanticismo che la favola gareggiano a dare un nome alle vaghe pulzelle, che profumata la chioma e vestite a gala, ivan lievi rabbellendo quella scena di soavità, riducendola scuola di lusso, di amore e galanteria. E misti secoloro zerbinotti leggieri che lor facean corona, citta­dini e regnicoli coi loro visi stralunati camminavano coi loro abiti da festa, come chi porta da dosso un peso; e foresi dalle ville prossimane che a torma e colle mani tenentisi l’un l’altro andavano estatici girando come per meccanismo. E tra la folla in vaga e facil maniera biancheggiavano certi cori di garzoni e donzelle coi loro candidi scialli quest’ultime, ed in bianche giacchette i primieri, affettando un travestimento che a loro pensiere gli assicurava l’incognito, ma che più su loro attirava gli sguardi della moltitudine.



Benedetto Naselli: I misteri di Palermo. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo di inizi ottocento. L'opera è la fedele trascrizione del romanzo originale pubblicato unicamente nel 1852.
Pagine 276 - prezzo di copertina € 21,00
Copertina di Niccolò Pizzorno. 

Il volume è disponibile:
dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 
https://www.ibuonicuginieditori.it/shop-online?ecmAdv=true&page=1&search=misteri
(consegna gratuita a Palermo. Consegna a mezzo corriere o raccomandata postale in tutta Italia)
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