AL LETTORE
Lettore mio amasti mai? il tuo cuore s'inebriò mai alle dolcezze di un amore puro, celeste, sentimentale, divino? ti beasti mai nel sorriso della gratitudine? sentisti mai scorrer sulla tua guancia una vergine lacrima sfogo della tristizie d'una sventura? L'anima tua palpitò mai ai dolori del poverello, ai tormenti dell'orfano, all'agonia del moribondo? Portasti mai grave la soma della sventura?... No! Chiudi, non leggere e vatti con Dio, non sei il lettore ch'io cerco. Tu sei un meschinissimo abitatore di questa valle di tormenti e di lacrime; te Dio privò dei pochi sollievi di noi miseri mortali, tu vivrai giorni di apatica rassegnazione, giorni di amaritudine.
Il mio libro ti offre fanciulle affralite dall'oltraggio dei mali che non poterono rovesciarle che in un colla vita; t'imbatterai in uomini di cuore eminentemente sublime nella cui mente fremeano forse concetti generosi atti a farci migliori e crescer lustro alla patria, starsi sotto la boriosa jattanza d'uomini superbi, a intercettar loro per sempre il cammino; scorgerai più di un desolato, che avrebbe volontà e potenza di fare ed è privo di mezzi; palpiterai ai moti di cuori affranti ed abbattuti dalla dolorosa gradazione della miseria a cui la società dimentica dei propri figli, confida l'orfano ed il miserello che son pure nostri fratelli; varcherai in fine più in là la triste soglia ove l'omicidio, il furto, il vitupero, e tutta quanta la putrida sentina dei vizi han ricetto.
Il mio libro sverterà dall'occulto vizi e virtù, opere magnanime e prostituzioni cittadine; ti porrà sott'occhio quadri alla vista dei quali indietreggerai a prima giunta, ma educheranno il tuo cuore alla scuola della verità che ti comparirà più bella nella sua nudità , senza barbare vestimenta accattate ad imprestito; ti mostrerà lacrime che ti sarà dato di asciugare; ti farà sentire la sublime grandezza, di chi consola, anima e protegge l'infelice, che mancando di conforto e di protezione, non ardisce ed ha vergogna di stendere la destra tremante.
Lettore! Gradiscine lo scopo che è santo, non incolparne la volontà se non mi sorressero le forze.
Benedetto Naselli
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