Il primo che stava nel mezzo, un uomo sui sessant’anni, vestito di toga, con una faccia rosso sangue, ed un paio d’occhi così furbi ed incisivi da far venire la tremarella al più astuto scorridore del mondo, ed era il regio procurator fiscale; sulla sua dritta stava il contestabile così detto, ed alla sinistra un cerusico entrambi della sua corte. Ai fianchi di costoro eravi un altro tavolo senza apparecchio su cui giacevano diversi ordegni inservienti alla tortura, e scardellini in legno e forbici e tanaglie, e ferri piatti manicati in legno, e corde e uncini.
Quando Luigi fu faccia a faccia al procurator fiscale, questi con una voce stentorea prese a dire:
- Tu hai assassinato il nobil uomo signor Filippo segretario del signor principe di B….. di’ su, d’onde ti sei mosso, e denunzia l’iniqua trama.
- Signore io non so nulla, nè intendo di che cosa vogliate parlarmi.
- Non intendi brutto ceffo?.... Va bene, adesso te la faccio intendere io.
Ed ordinò al contestabile la lettura del processo che consistea nella dichiarazione del signor Filippo e nella testimonianza di coloro che al suo fuggire lo aveano inseguito. Quando poi gli atti e le formole giunsero al loro termine, il procurator fiscale ripigliò:
- Adesso spero bene che saprai dirmi qualche cosa, se no ti faccio stritolar vivo.
E Luigi placidamente replicò:
- Non so nulla.
- Non sai dunque nulla?
- Signor no!
- Or bene, – seguì il procurator fiscale rivoltandosi al cerusico che gli stava ai fianchi, – dottore fate l’obbligo vostro.
Allora Luigi fu denudato fino alla cintola ed esaminato costola per costola, braccio per braccio, e quasi arteria per arteria, nè ciò vuolsi credere per umanitaria filantropia, ma sivvero per evitare delle preparazioni che in quei tempi efferati e balordi credeansi possibili ad eludere lo strazio del tormento, e quando l’esame fu compiuto nel senso della legge, il cerusico accennò colla testa al procurator fiscale che tutto era in regola e che dalla parte sua non aveva ostacoli, a frapporre l’esecuzione.
Dopo tale assicurazione un altr’uomo, che Luigi ancora non avea visto, si avanzò, un uomo terribilmente truce, di una fisionomia però stupida e ributtante allo stesso tempo, vestito colla sua uniforme, ed era il boja.
Allora le sue braccia rivolte all’indietro vennero strettamente con tre giri di corda legate ai polsi e fu adagiato in un punto ove pendeva dal tetto una ben lunga e grossa fune a due capi raccomandata al di sopra ad una carrucola di legno. All’estremità dell’un capo era un uncino di ferro ricurvo quasi a mo’ di anello, che dalla sua punta fu introdotto fra mezzo i legami della corda che guardavangli i polsi, e vi restò senz’altro.
Allora il procurator fiscale rivolto nuova volta a Luigi, dimandò:
- Vuoi dunque dichiarare il perché assassinaste il signor Filippo?
- Io non so nulla.
La sua negativa ancora non era ben pronunziata dalla sua bocca, e vide mancarsi il terreno di sotto ai piedi, chè con un cenno d’occhio del procuratore fiscale, il boja già avea tirata la corda, e sospingealo gradatamente in aria. Qui i tormenti e gli spasimi cominciarono atrocissimi per il povero Luigi. La pelle che covriva il di lui petto e le costole parea rompersi ai grandi conati che recavangli le stirature delle braccia. Le ossa scricchiolavano gradatamente, e sentiasi uno scroscio stridente, come quello di un mobile nei giorni estivi, quando le tavole e le contesture si fiaccano per i soverchianti calori. La sua faccia diventava livida come pure le mani, ove abbondava il sangue arrestato nella sua circolazione. Il suo corpo stava quasi boccone, se non che ribaltava agli scherzi di un infame saliscendere che procacciavasi accuratamente alla corda che il sospingea. Fu posto quindi per la prima volta a terra, ed il contestabile al quale ora la legge riserbava l’ufficio delle interrogazioni dimandò:
- Vuoi dire la verità?
E Luigi sotto lo strazio di quel tormento facevasi ancora forte, chè non era arrivato al punto, e rispose:
- Io non so nulla.
Nè per questo si persuasero i custodi della esecuzione che anzi ordinarono rinnovarsi lo esperimento con aggiungervi talune battiture di verghe sul petto, e l’ordine saria stato replicato per una buona mezz’oretta, tempo dalle leggi volutone, se Luigi spasimando sotto lo strazio di dolori acutissimi ed incomprensibili da posporsi sempre alla morte, non avesse gridato ma agonizzante, esserne lui il colpevole. Fu quindi calato nuovamente per terra, e sciolto.
Le autorità quindi compilarono il loro processo verbale dell’eseguito sperimento colle formole prescritte, ed il reo fu nuova volta chiuso al carcere duro, per quindi ratificare alla presenza di tutta quanta la regia Corte la sua dichiarazione, alla quale era riserbato il giudizio e la condanna.
E Luigi rifinito di forze e martoriato da acutissimi dolori, straziato nella mente e nel corpo, fu lasciato peggio che un animale, sul giaciglio che offriagli il nudo terreno privo d’ogni soccorso, con la funesta speranza d’una rovina sicura e imminente. Vedi quanto i tempi che oggi si decantano morali e migliori che i nostri non sono, erano fitti nella barbarie e negli stravizi d’uno smodato uso di legge, che alla fin fine non arrivava mai allo scopo, sendo che dalle atrocità tutti rifuggivano o non poteano sopportare, prescegliendo sempre la colpa e quindi la morte, per togliersi col soffrire di un attimo, la continuità di prolungati dolori.
Benedetto Naselli: I misteri di Palermo. Romanzo storico siciliano ambientato agli inizi dell'ottocento.
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