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venerdì 9 agosto 2024

Antonino Cutrera: L'agosto dal 1517 al 1583 a Palermo, quando nel piano della Marina si giustiziavano i Condannati... Tratto da Cronologia del giustiziati di Palermo 1541-1819

3 agosto 1517 – Nel piano della Marina furono impiccati; Simona Branciforte, Giuseppe di Tarando, Nicolò Russo e Cataldo di Gangi.

17 agosto 1517 – Nel piano della Marina furono impiccati Giovanni… e Pietro La Matina. Altro individuo, del quale si sconosce il nome, fu decapitato.

22 agosto 1549 – Nel piano della Marina, furono impiccati: Antonino Crapi, Antonino la Castellana, Filippo Malerva, Pietro di Tusa, Antonino la Ferrera, Bartolomeo Castellana, Silvestri Castellana, Girolamo Pirrello, Ponzio Chiavetta, Annibale Pirrello, Pietro Lauricella, Cataldo di Buscemi, Mariano di Palma, Antonino Ricco alias lo Virdello ed Antonio d’Amico alias Chirca.

22 agosto 1553 – Nel piano della Marina furono impiccati: Giovanni Bellacera, alias Surci e Giovanni Failla.

4 agosto 1557 – Nel piano della Marina fu impiccato Lorenzo Benestanti.

9 agosto 1557 – Nel piano della Marina furono impiccati: Pietro, Michele e Marco di Marino.

4 agosto 1564 – Alla via di S. Antonio presso porta di Termini fu giustiziato Filippo di Gangi. Secondo la sentenza egli fu posto nudo sopra un carro e portato in giro per la città, arrivato sul luogo dell’esecuzione fu quasi strozzato, e ancora semivivo diviso in otto pezzi.

11 agosto 1567 – Furono impiccati: Vincenzo li Pecori di Piazza, Bartolomeo di Rosa, alias Milicchia da Nicosia e Tomaso di Dionisio da Sutera.

Vincenzo Li Pecuri per lo furto commesso nel Convento et Ecclesia di S. Francesco di questa città, fu impiccato in piazza S. Francesco. Bartolo di Rosa discursore di campagna e reo di altri delitti e Masi di Dionisio prosecuto di nece, fu impiccato in piazza Marina. I cadaveri furono portati alle forchi di fuori.

12 agosto 1569 – Furono giustiziati: Pietro d’Ajello di Castelvetrano e Gaspare lo Coco, calabrese, condannati dalla Corte Capitaniale di Palermo: “per haviri ammazzato la quondam Lauria la Catanisa in la casa di la sua solita habitactioni… si havirà di exequiri la Iusticia in lo Cortiglio di Amato di Pettineo, undi fu commisso ditto omicidio e si hanno di strascinare, in ditto loco”.

6 agosto 1571 – Nel piano della Marina, fu impiccato per sentenza della R. Corte Capitaniale Bartolomeo la Tinella.

8 agosto 1572 – Nel piano della Marina fu impiccato e lasciato sulle forche, per sentenza della R.G.C. Vincenzo Marotta latrone pubblico e scorritore di campagna.

26 agosto 1573 – Nel piano della Marina fu impiccato Fabrizio Palombo detto Giov. Antonio d’Arienti, condannato dalla Corte Capitaniale di Palermo per avere fatta moneta falsa.

26 agosto 1574 – Nel piano della Marina, per sentenza della R.G.C. fu decapitato lo Magnifico Girolamo Valdaura, accusato: “de mandato circa nicem et mortem quondam miserandi Guglielmi Valdaura cum illu scopettarum”. La sua testa fu lasciata a lu loco di la Iustitia per demostratione de esecutione di Iustitia.

2 agosto 1575 – Nel piano della Marina furono impiccati: Pietro di Reina da Cammarata, per sentenza della R.G.C. e Costantino la Marabella per sentenza della Corte Capitaniale.

16 agosto 1575 – Nel piano della Marina, per sentenza della R. Corte Capitaniale venne impiccato Giuseppe Bongiorno, per avere ammazzata e rubata Margarita Castella. Fu portato al supplizio sopra un carro e tenagliato lungo il tragitto; in loco delitti gli fu tagliata la mano destra.

7 agosto 1577 – Nel piano della Marina, per sentenza della R.G.C. fu impiccato Mondo Valastro di Linguagrossa perché: “presecuto per lo Fisco de discursu Campania, furtis commissis in ditta Campania, in comitiva delinquentium”.

12 agosto 1577 – Nel piano della Marina fu impiccato, per sentenza della R.G.C. Giovan Batta Marziani da Taormina, scorridore di campagna ed autore di vari furti. Il condannato lasciò per testamento fatto ai confrati dei Bianchi un “ferrajuolo quale si deve dare à due fratelli che sono carcerati in Castellammare, che si chiamano li Vigneri di Catania”

26 agosto 1577 – Nel piano della Marina per sentenza della R.G.C. fu impiccato Vito Passalacqua, alias Colletto per: “apportatione Scopettonis con lo quale fu preso in fragrante”.

18 agosto 1578 – Nel piano della Marina, per sentenza della R. Corte Capitaniale furono giustiziati Pietro Gargotta e Abbattista Gerbino. Il primo per avere stuprato e conosciuto carnalmente a sua figlia, fu condotto a supplizio, nudo sopra un carro, tenagliato durante il tragitto, in fine strozzato. Il Gerbino fu impiccato per avere ucciso entro la chiesa di S. Sebastiano un Genovese.

3 agosto 1579 – Nel piano della Marina, per sentenza della R. Corte Capitaniale furono giustiziati d. Paolo Beveaceto e Carlo Barone, che furono decapitati e dopo bruciati; D. Carlo Abate e Zimbaldo de Pietro Ponzio, che vennero decapitati; Giacomo Russitano e Antonio Scolaro che furono strozzati e dopo bruciati; Vincenzo Cannata, Filippo Genco alias Scacciaferro e Francesco Ferranti i quali vennero impiccati.

25 agosto 1581 – Nel piano della Marina, per sentenza della R. Corte Capitaniale furono strozzati Bastiano di Polizzi e Francesco La Rocca.

8 agosto 1583 – Nel piano della Marina, per sentenza della R. Corte Capitaniale, furono impiccati e lasciati sulle forche a pubblico esempio: Salvatore Lo Monte, Andrea Sogliano e Francesco Bartuccello. 



Antonino Cutrera: Cronologia dei Giustiziati di Palermo 1541-1819. L'opera di Antonino Cutrera che nasce grazie alla preziosa consultazione degli archivi della Compagnia dei Bianchi, integrata con note del Mongitore, Villabianca, Auria, Pirri, Paruta, Di Marzo, Zamparrone, La Mantia Un completo e fedele studio dei secoli bui della giustizia terrena che esclude solo le esecuzioni capitali, che si fecero per sentenza del Tribunale dell’inquisizione.
Pagine 396 - Prezzo di copertina € 22,00
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giovedì 8 agosto 2024

Giuseppe Garibaldi: Leggetela sino in fondo, se il cuore vi basta e letta che l'abbiate adorate ancora, se ve ne par degno, San Domenico di Guzman! Tratto da: Clelia ovvero il governo dei preti.

Nel breviario Romano approvato dal Concilio di Trento a pagina 498 sez. IV. Notturno II (edizione di Venezia anno 1740) esiste una lettera di S. Domenico di Guzman patrono di Torquemada e di Arbuez, diretta a Papa Onorio III, nella quale, con un cinismo spaventevole, con una crudeltà tanto freddamente calcolata da far inorridire, egli traccia di sè medesimo un ritratto ributtante ed orribile. Leggetela sino in fondo, se il cuore vi basta, e letta che l’abbiate, adorate ancora, se ve ne par degno, San Domenico di Guzman!

“Beatissimo Padre
 Linguadoca, 7 Aprile 1217
“Con l’ajuto del Signore, io e i miei compagni non cesseremo mai dallo sbarbicare dal campo della chiesa, quest’erba velenosa che merita il fuoco, prima in questa vita poi nell’altra. 
“E per consolare la santità vostra dalle cure gravissime dell’Apostolato, le accennerò quel poco di bene che con l’ajuto di Dio abbiamo operato in queste infelici provincie tanto desolate dall’eresia. Affrancati dal duca di Monfort già trentasettemila di questi nemici della religione cattolica stanno a bruciare nelle fiamme dell’inferno, e così, diradate le nuvole, pare che il sole della retta fede cominci a risplendere in queste contrade. 
“Il piissimo Duca è tanto infervorato dallo zelo cattolico, che dovunque ha sentore si annidino di queste fiere, accorre colle sue truppe e dà loro la caccia. Essi, o resistano, o fuggano, son sempre raggiunti e puniti. Non si usa pietà ai corpi di gente che non ne usò alle anime fedeli, cui uccise col mortifero veleno dell’errore. Egli li sottopone prima a tormenti per costringere la loro ostinazione a manifestare gli aderenti. È impossibile immaginare quanto lo spirito satanico s’impossessi di loro, e li renda fermi nella infernale impenitenza. Non si lasciano fuggire un accento dalla sacrilega bocca, che il demonio chiude con una a mano di ferro. Un vecchio, posto alla tortura, e quasi stritolato sotto ad una macina, rideva ed insultava i santi ministri, i quali gli ricordavano l’obligo della fede.
“Un’altra giovinetta di Belial, alla quale i soldati del Duca in punizione di aver alimentato le carni di un eretico, strapparono dall’ossa con una tanaglia, quelle carni maledette, sorrideva, metteva dentro le mani alle proprie piaghe, e diceva di sentirne refrigerio; sicchè i soldati a meglio refrigerarla, seguirono per un’ora a rinnovarle quella consolazione senza poterla indurre a manifestare, dove fosse l’iniquo, che essa aveva albergato ed alimentato.
“I poveri soldati sono instancabili nell’opera della fede, e la sera dopo la preghiera, e dopo innumerevoli meriti acquistati sono da me benedetti, con la papale benedizione che V. S. mi concedette di largire nel suo nome santissimo. Io crederei, Beatissimo Padre, che a rimunerare in qualche modo la fede ardente del sig. Duca, V. S. dovesse avere la benignità di conferire o a lui, o a suo fratello Don Rodrigo, canonico della cattedrale di Tolosa, la sacra porpora, la quale egli si ha già acquistato con le sue escursioni, tingendola nel sangue maledetto di quegli sciagurati. 
“Basta che in questi paesi si senta il suo nome perchè gli eretici Albigesi, tremino da capo a piedi. Il suo costume è di andare per le corte, spacciando in un sol colpo i più arrabbiati. Quanti gliene capitano nelle mani costringe a professare la nostra fede, con la formola ingiunta da V. S. 
“Se ricusano, li fa battere ben bene mentre che si accende il rogo. Quindi interrogati se si sien pentiti, ed ascoltato che no, conchiude: “O credi o muori”. Li mettono ad ardere a fuoco lento, per dare loro tempo di pentirsi, e di meritare l’eterno perdono. 
“Alcuno di questi miserabili, benché assai raramente, sullo spirare, ha dato segni di ritrattazione, e di orrore della morte, che maritamente subiva; ed io mi sono consolato nel Signore osservando quegli atti, che potevano essere indizio di pentimento. Quando più essi si dibattevano, tanto più noi godevamo nella speranza, che quelle brevi pene fruttassero loro il gaudio eterno, dove speriamo di trovarli salvi nel santo paradiso, quando al Signore piacerà di chiamarci agli eterni riposi. 
“Intorno poi agli altri che furono sedotti, e perciò meno rei, non si costuma di condannarli subito, ma per esercitare con essi quella carità, che il nostro Salvatore comanda, da principio si risparmia loro la vita, ed invece si adoprano alcuni tormenti, i quali per quanto siano gravi alla carne, sono infinitamente più lievi degli altri, riserbati allo spirito nelle fiamme eterne.  
“Si adoprano rotelle, eculei, letti di ferro, stirature, tanaglie ed altre simili mortificazioni del corpo, che secondo la legge del nostro Signor G. Cristo, dev’essere macerato in terra per averlo glorioso nella vita eterna. 
“In altra mia mi farò un dovere di rallegrare il cuore della Santità Vostra, con più minuta narrazione di quest’opera che il Signore si compiace di fare per nostro mezzo.  
“Intanto prostrato al sacro piede della S. V. imploro per me e per questi miei collaboratori e compagni, l’apostolica benedizione, e mi dichiaro.
Della S. V. 
Re dei Re e Pastore dei Pastori
l’ultimo dei servi e figli
Domenico Gusman"


Giuseppe Garibaldi: Clelia ovvero Il governo dei preti. Romanzo storico ambientato nella Roma del 1867. L'opera è la fedele trascrizione del romanzo originale pubblicato da Fratelli Rechiedei editori, Milano 1870.
Pagine 356 - Prezzo di copertina € 20,00
Copertina di Niccolò Pizzorno 
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martedì 6 agosto 2024

Giulia Petrucci: Il giorno 6 agosto 1985 la mafia uccideva il Vice Questore Ninni Cassarà... Tratto da: Giustizia a Palermo. Romanzo ambientato nella Palermo degli anni '80.

Il giorno 6 agosto 1985 la mafia uccideva il Vice Questore Ninni Cassarà davanti all'ingresso del palazzo dove abitava e davanti agli occhi della giovane moglie. Si dice sia stata una vendetta della mafia per la precedente morte di un pregiudicato che avviene per mano di alcuni poliziotti durante un interrogatorio, al quale comunque il Cassarà non avrebbe partecipato.
La fine ingiusta di una persona amata e stimata da chiunque lo conoscesse veramente lascia tutti nel dolore e nel panico, ma colpisce particolarmente me e mio fratello, che del Cassarà era stato compagno di classe alle scuole elementari e suo compagno di liceo al Garibaldi di Palermo nel periodo in cui anche io frequentavo quel liceo. Per me, che ero più piccola, Ninni era il ragazzo più bravo, più bello, più intelligente del liceo.
Non riuscivo ad accettare l'idea che avessero potuto ammazzarlo così. Con tanta crudeltà e disprezzo. Mi capitò di vedere delle foto, una in particolare, che ancora oggi non riesco a dimenticare. La mia mente cominciò ad elaborare l'ipotesi di un romanzo in cui cittadini onesti, stanchi dei delitti della mafia, ma soprattutto stanchi della lentezza e della inefficienza della Legge, si riunissero in una società segreta, come era stata la leggendaria setta dei Beati Paoli, per fare finalmente giustizia a Palermo, cominciando a eliminare per primi i veri intoccabili della mafia, i veri e nascosti responsabili dei delitti perpetrati contro magistrati e uomini di legge.
Il tema era abbastanza scottante e difficile da trattare, soprattutto da un punto di vista morale perché rischiavo di giustificare, comunque, degli omicidi. Il risultato è questo romanzo, che solo ora ho pensato di pubblicare, essendo passato tanto tempo e avendo avuto la possibilità di considerare le vicende narrate con maggiore obbiettività. Non ho modificato quasi nulla per non guastare ciò che spontaneamente era sgorgato dalla mia fantasia in quei momenti così drammatici.
La mafia oggi non uccide con la frequenza e la facilità di allora, continua i suoi loschi traffici in modo meno appariscente ma non meno pericoloso di allora. 
Chi mai sarà capace di fare davvero giustizia a Palermo, in questa città meravigliosa e terribile nello stesso tempo? 
Ma poi, esiste veramente la giustizia in questo mondo o bisognerà attendere la giustizia divina?


Giulia Petrucci: Giustizia a Palermo. Romanzo ambientato nella Palermo degli anni '80.
In copertina: "La dolcezza tra le spine" di Natale Petrucci. 
Prezzo di copertina € 16,00
Il volume è disponibile:
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