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lunedì 10 gennaio 2022

Dall'articolo su La Repubblica di Amelia Crisantino: LA SAGA DEI NATOLI ROMANZO DI VITA


 Litigiosi, guerrieri, errabondi: esce  per i tipi dei Buoni Cugini la vicenda dei sette figli dello scrittore, avuti da due madri diverse

Massimo Finocchiaro racconta una serie di foto istantanee. A sfogliarle si compone il carattere di un’epoca concitata e nazionalista.


Sette fratelli dalle vite a incastro, che sembrano venir fuori da un romanzo del grande Luigi Natoli. Sono invece i suoi figli carnali, ne “I sette fratelli Natoli. Le vite singolari dei figli di Luigi Natoli tra la Belle Epoque e il secondo dopoguerra in giro per il mondo”. (I Buoni Cugini editori, 337 pagine, 24 euro). Massimo Finocchiaro li racconta con attenta partecipazione e scrive un libro “natoliano”: nel ritagliare il profilo di ogni rampollo ricompone così una saga familiare, e anche uno spaccato storico per niente scontato che costruisce su tracce documentali. E peccato per le sorelle Lidia ed Hedda che non hanno lasciato tracce, limitandosi al ruolo di mogli e madri come come spesso accadeva alle donne.
I sette fratelli Natoli vivono intensamente la loro epoca. Sono stati educati al culto di Mazzini e Garibaldi, combattono tutti e sette nella prima guerra mondiale: in Italia sono solo 725 le famiglie che partecipano al tragico conflitto in misura così massiccia. Aurelio, Miro e Marcello Natoli vanno da volontari, gli altri partono da richiamati e Clodimiro (detto Miro) muore per salvare delle reclute durante un’esercitazione.
I fratelli sono figli di due madri diverse, nel 1890 lo scrittore rimasto vedovo si è risposato e ai primi tre si sono aggiunti gli altri figli: si è formata una famiglia che non riesce a essere unita, sono molti litigiosi e presto i più grandi si allontanano dalla casa paterna. Ma quando si riuniscono, come accadde nel settembre del 1913, può capitare che al nuovissimo cafè-chantant all’aperto, il Trianon, possano assistere all’esibizione dell’esotica Mata Hari in una Palermo dove il liberty più raffinato si esprime anche nei chioschi che fanno da cornice al teatro Massimo.
Le vite dei Natoli raccontate da Massimo Finocchiaro somigliano a una serie di foto istantanee, a sfogliarle si ricompone il carattere di tutta un’epoca concitata con il nazionalismo sempre nell’aria: il volontario Miro, a Parigi allo scoppio della guerra, si arruola nella Legione Straniera ed è assegnato a uno dei due battaglioni italiani, sono più di duemila volontari. Anche il fratello Aurelio, redattore del giornale repubblicano “Il Crepuscolo”, cerca di arruolarsi nell’esercito francese mentre nel frattempo, a Palermo, Luigi Natoli fonda il Comitato Interventista e ne diventa presidente.
I Natoli litigano fra loro ma sono ansiosi di andare a combattere, vogliono servire la patria. Il primo a riuscirci è Romualdo, è sul fronte dell’Isonzo ed è specializzato in esplosivi; viene ferito dallo scoppio di un ordigno, ci rimette una gamba. Il più giovane dei fratelli è il volontario Marcello che quando si arruola non ha nemmeno vent’anni: è un irrequieto, non sopporta la disciplina militare e arriva a rischiare la corte marziale.
Anche a Caporetto, nella battaglia della disfatta italiana, troviamo uno dei fratelli Natoli: è Aurelio, sarà prigioniero. E chi l’avrebbe mai detto che, per decisione del governo, i soldati prigionieri non possono ricevere pacchi dalla famiglia? Solo agli italiani è negato questo conforto e in tanti muoiono di stenti, da prigionieri.
Finita la guerra i Natoli imboccano strade diverse, a volte opposte. Mimmo comincia a lavorare per il “Corriere dei Piccoli” ed esordisce nel novembre del 1918 con un’avventura di Schizzo, il primo personaggio della sua carriera di fumettista. Geppe è nell’ufficio stampa della delegazione italiana alla conferenza di pace, diventerà un confidente: sarà doverosamente equivoco, in epoca fascista finirà per tradire anche suo fratello Marcello, di tutt’altra pasta. Durante la dittatura Marcello viene schedato come “anarchico pericolosissimo” e ricercato dalle polizie di mezza Europa: nel 1946 sarebbe diventato segretario della Federazione palermitana dei perseguitati antifascisti. Un altro fratello, Romualdo, diventa scrittore e scrive “gialli di regime” del tutto ossequiosi, ahimè, anche all’antisemitismo: il suo romanzo di maggior successo s’intitola “Il marchio di Giuda” e trasuda stereotipi.
Idee molto diverse coltiva Aurelio, che è fra i dirigenti del partito repubblicano in esilio: vive in Spagna, specie dopo l’aggressione all’Etiopia scrive sui giornali e, ad esempio, organizza la protesta degli intellettuali spagnoli contro il giuramento al regime dei professori universitari. Allo scoppio della guerra, nel 1939, Aurelio è in Francia: la fuga dall’Europa è da film, al punto che pare avere ispirato il famoso Casablanca. Nel 1946, da capolista dei repubblicani, Aurelio Natoli sarebbe stato eletto in Sicilia per l’Assemblea costituente.
Aurelio forse ispira un film, ma Edgardo è un eroe da romanzo. Nel 1935 è in Etiopia, riesce a diventare factotum al comando di Gimma, duecentocinquanta chilometri al sud di Addis Abeba: deve battere il territorio e procurare cibo per l’esercito. Impara la lingua e comincia una nuova vita. Se ne va in giro con un pitone al collo e una scimmia per mano, è convinto della sua superiorità di bianco ma professa rispetto per il mondo che l’ha accolto e diventa una specie di principe onorato dagli etiopi. Lavora per l’esercito mentre vive come in una bolla sospesa. Saranno le vicende della guerra a costringerlo ad abbandonare il suo effimero paradiso esotico, è l’aprile del 1941 e ad Addis Abeba sono arrivati gli inglesi.
Edgardo entra in clandestinità, aiuta gli italiani, viene catturato, fugge, di nuovo e più volte viene catturato, alla fine della guerra è ancora prigioniero in Rhodesia. Rientra in Italia fra gli ultimi e solo nel gennaio 1947 arriva alla stazione di Palermo. È un reduce che sembra non starci tanto con la testa, la povertà gli impedisce di curare le figlie che undici anni prima ha lasciato bambine. Come in un romanzo del grande Luigi Natoli, l’anarchico principe-straccione che a Gimma dominava anche i serpenti era tornato a casa. Dove tutto era più difficile.

Amelia Crisantino

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