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giovedì 19 maggio 2016

Giovanni Meli detto l'Abate: collana dedicata alle sue opere a cura di Francesco Zaffuto. - Biografia del poeta.

Nato a Palermo il 6 marzo 1740 e deceduto nella stessa città il 20 dicembre 1815, è stato uno dei più grandi poeti iraliani e si è espresso per le opere più importanti in lingua siciliana.
il padre Antonio meli, di professione orefice, e la madre Vincenza Torriquas non erano di certo ricchi. Giovanni Meli dovette conciliare la sua passione per la letteratura con l'esercizio di una professione, e scelse quella di medico.
L'epoca storica in cui visse Meli è una delle più complesse e travagliate dello scenario europeo, e piena di grandi rivolgimenti: dalla rivoluzione francese alle campagne napoleoniche, fino ad arrivare al riassetto europeo del 1815 con il congresso di Vienna.
Meli fu educato presso le scuole dei padri Gesuiti e si appassionò giovanissimo agli studi letterari e filosofici, trovò ispirazione nel pensiero illuminista dell'epoca, raggiunse la notorietà aderendo al movimento letterario dell'Arcadia con una dimensione tutta sua e con l'uso della lingua siciliana.
Raggiunse la celebrità nel 1762 col poemetto La Fata galante; la fata incontrata da Meli gli proponeva, sotto forme di fiabe mitologiche, tematiche filosofico-sociali.
Dal 1767, Meli esercitò la professione di medico per cinque anni nel paesino di Cinisi, dove era chiamato l'Abati, perchè vestiva come un prete.
L'abito scuro del prete e l'abito del medico allora non erano tanto differenti e Meli continuò ad usare l'abito scuro per introdursi nei conventi dove si recava come medico; continuò a farlo anche quando si trasferì a Palermo.
Si descriveva lui stesso fisicamente brutto e continuava ad andare in giro vestito da Abate; ma era sensibile alla bellezza femminile, non mancò di amare e corteggiare donne ed a molte dedicò Odi e Canzonette.
Con le Elegie del suo poema La Bucolica crebbe la sua fama e divenne conteso dalle dame dell'aristocrazia palermitana nei loro salotti: veniva particolarmente apprezzata la sua arguzia e la sua galanteria. Meli, però, andava ben oltre: la sua poesia era spesso intrisa di riflessioni filosofiche; in particolare con il poema Origini di lu munnu, esaminò tutte le correnti filosofiche dentro un quadro allegorico-mitologico.
La sua opera è estesa: dalla Bucolica alle Satire; dalle Odi alla bellezza femminile alle poesie di riflessione politica e morale; fino ai suoi interventi in filosofia, medicina e scienza.
Nel 1787 pubblicò la raccolta delle sue opere in cinque volumi col titolo di Poesie Siciliane. Sempre nel 1787 ebbe la cattedra di chimica all'Accademia degli studi di Palermo e venne chiamato a far parte come socio onorario delle più importanti accademie italiane come quella di Siena (1801) e quella peloritana di Messina.
Una testimonianza dell'impegno sociale di Meli è l'aver fondato nel 1790 l'Accademia Siciliana, insieme a intellettuali come Francesco Paolo di Blasi, Giovanni Alcozer, Francesco Sampolo ed altri; fondazione che tra l'altro si occupò di studiare lo stato dell'agricoltura e della pastorizia nel regno di Sicilia.
Non fu mai ricco e spesso le difficoltà lo costrinsero a bussare alla porta dei potenti. Nel 1810 il re Ferdinando gli concesse una pensione annua, poi successivamente sospesa.
Nel 1814 Meli curò per l'editore Interollo di Palermo la ripubblicazione di tutte le sue opere poetiche; in tale occasione inserì la raccolta Favuli Murali, dove prendendo spunto da Esopo e Fedro, aveva costruito un poema morale con fine arguzia e umorismo tutto siciliano.
Sull'essere stato Abate o no, si è dibattuto tanto tra i biografi. Agostino Gallo, primo biografo del Meli, scrisse che nell'ultimo anno della sua vita prese gli ordini per avere in assegnazione un'abazia in Palermo. Tesi confutata dalla ricerca storica di Edoardo Alfano che, con il suo studio pubblicato nel 1914, dimostrava la totale assenza di menzione sulla presa degli ordini di Meli nei documenti degli archivi della chiesa palermitana.
Certo fu lo stesso Meli che affermò in un suo memoriale poetico di aver preso gli ordini: nel settembre del 1815 inviò al duca d'Ascoli il memoriale affinchè lo presentasse al Re per perorare l'affidamento di un'abazia in Palermo.
G.A. Cesareo, nella sua biografia su Meli (1924 La bita e l'arte di Giovanni Meli) parla di "bugiola" diffusa dello stesso poeta, e così la spiega: "Certo, la nomina non sarebbe stata improvvisa; qualche sentore n'avrebbe egli avuto anche prima: se fosse necessario, sarebbe sempre stato in tempo per mettersi in regola. Ma prendere gli ordini sacri quando ancora non aveva alcuna fondata speranza di conseguire il suo intento, e mentre tutti in Palermo riconoscevano che viveva in concubinato con una vedova dalla quale aveva avuto figlioli, gli doveva saper male. E non lo fece...".
La "cicala" Meli non rinunciò alla vita e a tutti gli aspetti della sua bellezza, volle vivere e poetare, nella sobrietà, nella pace e nella giustizia: e se Meli dice che "dintra di l'arma" (dentro la sua anima)è Abate, non dice una bugia, se si considera il suo rigore morale e il profondo senso di cristianità che è riuscito a legare con il suo pensiero illuminista.
Meli portò quel modesto abito scuro che era comune ai medici e agli abati, esercitò la sua attività di medico per cinque anni in provincia di Palermo (e forse quell'appellativo di Abate iniziarono a darglielo in quel paese); a Palermo continuò a portare quell'abito scuro e modesto che lo distingueva dagli uomini della sua epoca (fine settecento) che si ornavano di parrucche, merletti e calze di seta.
Morì a Palermo il 20 dicembre 1815, in Europa si era conclusa l'avventura napoleonica e si chiudeva l'epoca che si era aperta con la rivoluzione francese.
Francesco Zaffuto
 
Nella foto: statua di Giovanni Meli esposta al Palazzo delle Aquile di Palermo
Prezzo € 10,00 - Pag. 103 - Spedizione gratuita - Disegni di Dafne Zaffuto
 
 

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