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mercoledì 24 aprile 2024

Filippo La Torre: L’attenzione di tutti i presenti fu attratta da un braccio, che alla sua estremità non aveva la mano con le sue cinque dita, ma un informe moncherino... Tratto da: La primavera della strummula. Romanzo

Mancavano due giorni all’ingresso della primavera ma quel 19 marzo del 1952 apparve come una giornata estiva e il caldo si faceva sentire. Alla ricerca di un po’ di refrigerio, mi sdraiai su una panca sotto l’ombra proiettata dal maestoso ficus. Riflettevo su quelle radici aeree, ampie, che pendevano immobili davanti agli occhi, come messaggi silenziosi alle mie precoci riflessioni senza risposte. Mi alzai d’istinto, incalzato da una volontà irrazionale. Mi capitava spesso in quel periodo di prendere decisioni immediate, senza un pensiero o minimi ragionamenti. Scavalcai la panca di ferro e afferrai saldamente due liane. Mi misi a dondolare, tenendo la testa in alto. Chiusi gli occhi. Il sole, filtrato dalle larghe foglie lucenti, non riusciva a ferirmi. Compariva e scompariva. Ondeggiava seguendo il mio ritmo. Mi sentivo cullare da braccia tiepide ed era quello il mio desiderio. Avrei voluto dormire. Fui distratto dai bambini che tutt’intorno si rincorrevano, si spingevano, litigavano. Aprii gli occhi e abbandonai le liane facendomi cadere a terra. 
Guardandoli dal basso notai che nessun bambino era sovrappeso, piuttosto mi sembrarono tutti abbastanza alliggiati, con le ossa delle ginocchia appuntite e la testa rasata che accentuava la loro magrezza. Qualcuno aveva un brutto colorito e anche gli occhi troppo affussati. Sicuramente erano più in carne i due orfanelli infreddoliti di Civiletti sul basamento di marmo. Sentii battere le mani di suor Maria e poi il suo ordine perentorio:
«Fine della ricreazione, tutti in riga!»
Come il rumore avvolgente di un mare in tempesta che per miracolo va in bonaccia, così rimase in aria solo un leggero cicaleccio che si andava affievolendo man mano che i bambini si schieravano. 
L’onorevole Alessi si mise di fronte a noi. Alle sue spalle, le dame di carità continuarono per un po’ un brusio che andava a morire. L’onorevole si schiarì due tre volte la gola poi, con voce stentorea che sembrava uscisse da un altoparlante, gridò:
«Attenzione, attenzione. Chi si chiama Giuseppe alzi il braccio!»
Adesso non ricordo esattamente su circa sessanta bambini quanti alzarono il braccio, ma furono in tanti.  L’attenzione di tutti i presenti fu attratta da un braccio, che alla sua estremità non aveva la mano con le sue cinque dita, ma un informe moncherino simile a un cotechino di colore viola. Ci fu uno scoppiettio di risate, simile a dei gorgheggi repressi, dapprima sommesso, poi sempre più alto. Le dame di carità ripresero il loro brusio, scandalizzate alla vista di una miseria che doveva rimanere nascosta. Suor Maria avvampò. Forse complice la menopausa incipiente, la faccia s’imperlò di sudore. Anche stavolta si sentì osservata dalla Madre superiora come se fosse colpevole della mancata disciplina. Quel braccio proteso in alto, quasi a vantare una diversa supremazia, convinse gli altri bambini ad abbassare subito le loro estremità. Si sentirono inferiori nella competizione e mortificati nella loro normalità. Giuseppe, invece, il suo moncherino lo teneva sempre in alto, e inalberato con orgoglio si mise a gridare:
«Io, io mi chiamo Giuseppe!»
Si credeva un’attrazione e le risate dei bambini dell’Istituto Superiore per l’Infanzia Abbandonata lo innalzavano all’importanza. Anche la Madre superiora arrossì. Si avvicinò emozionata al signor Alessi, tenendo le braccia a X sul petto come una croce di Sant’Andrea. Si alzò sulle punte dei piedi e gli bisbigliò qualcosa all’orecchio. L’onorevole non mostrò imbarazzo anzi, sorridendo come solo un uomo di mondo sa fare, si lisciò con movimenti lenti e studiati i sottili baffi poi, indicandolo con un dito, chiamò a sé lo sfortunato bambino:
«Tu, vieni qua!»
I picciriddi si chetarono incuriositi. Gli occhi spalancati per una scena che ancora doveva accadere ma che già immaginavano. Soltanto uno di loro continuava a piangere in modo irrefrenabile, ma solo io sapevo che quelle lacrime erano il frutto delle scomposte risate di Michele. Gli pestai un piede più di una volta per farlo smettere, ma inutilmente. Suor Maria non seppe trattenere la sua stizza, si avvicinò e senza farsi sentire dagli altri, dandogli un pizzicotto inturciunatu all’orecchio, gli intimò:
«Adesso basta!»
Giuseppe abbassò il braccio e si staccò dalla fila. In faccia gli si leggeva la consapevolezza di avere vinto una facile battaglia. Annacandosi, giunse al cospetto dell’onorevole che per incauto istinto gli porse la mano. Dopo un attimo di smarrimento, cercò di ritrarla ma era troppo tardi. Con la mano sinistra Giuseppe sollevò un po’ la manica destra del suo maglione mettendo in mostra il suo moncherino viola e lo porse all’onorevole che glielo strinse con un po’ d’imbarazzo, poi l’illustre ospite sganciò una spilla che brillava sul bavero sinistro della giacca, la mostrò alla Madre superiora che annuì compiaciuta e l’appuntò sul maglioncino celeste di Giuseppe: era il simbolo della Trinacria con la scritta in grassetto Assemblea Regionale Siciliana.
«Ti nomino testimone della nostra amata Sicilia, sii fiero!» – disse l’onorevole con voce roboante. Il piccolo Giuseppe non comprese le parole del deputato, proprio nessuna, ma guardò con orgoglio la sua spilla e sorrise con la consapevolezza ingenua e stupida di essere stato scelto per un atto di valore. Ritornò al suo posto con le orecchie rosse dall’emozione e mostrandomela con il petto gonfio, mi disse:
«È nu scravagghiu a tri pieri!»

Filippo La Torre: La primavera della strummula. Ricordi di bambino vissuto in un collegio per orfani o disadattati che s'innestano nelle condizioni di vita degli anni '50.
Collana Albatro Randagio. Prezzo di copertina € 22,00.
Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (Sconto 15%, consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
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lunedì 22 aprile 2024

Un nuovo volume si aggiunge alla collana Gli Introvabili: Un vero amore ovvero I Beati Paoli di Rosalia Pignone Del Carretto. Romanzo storico

"Questo libro di Rosalia Pignone Del Carretto, non è un semplice romanzo su cui il lettore pone il proprio sguardo, ma si tratta di un testo tratto in salvo dall’oblio. È un volume prezioso e atipico per la letteratura del tempo. Per tanti motivi. Pubblicato per la prima volta nel 1876 a Napoli per i tipi di M. Savastano, Un vero amore ovvero I Beati Paoli è uno dei primissimi romanzi sul tema della setta dei Beati Paoli.”  
Dalla prefazione di Massimo Bonura.
 
Pubblicare questo romanzo è stato un atto doveroso nei confronti di una letteratura, fatta da chi non è mai stato dalla parte dei vincitori che hanno avuto anche la capacità di obliarla. Si è voluto ricordare la voce di chi è stato convinto di essere storicamente nel giusto, anche se ha presagito che “ruine e sciagure” avrebbero travolto vincitori e vinti. Detto questo, il romanzo ambientato a Palermo nel primo ventennio del 1700, è una miniera di notizie storiche, particolareggiate e delle più varie. È descritto il “gioco del toro” che si svolgeva a Palermo nella piazza antistante il Palazzo Steri o “la caccia ai tonni” nel mare di Santa Flavia; il vuotismo assoluto dei ricevimenti di corte con i suoi sfarzi e il relativo pettegolare delle dame; la descrizione di luoghi e storie poco note come quelle legate alla cattedrale di Palermo, al convento di San Martino delle Scale, alle magnifiche ville dei principi di Butera, Cattolica, Palagonia, Gravina e dei palazzi nobiliari della vetusta e specchiata nobiltà isolana, nonché di antichissime costumanze siciliane; finanche di fatti storici dimenticati come la venuta in Sicilia delle truppe irlandesi e la loro cacciata e altro ancora. La lettura del romanzo risulta piacevole e dinamica soprattutto per il suo intreccio degno di nota. Ha una costruzione intelligente, con un avvicendarsi del bene e del male, dell’amore e dell’odio con estrema naturalezza. La trama che risponde ai criteri costruttivi classici e comuni dell’epoca è ben scritta, magari scontata in qualche parte, ma ha una buona suspense e un finale a sorpresa che la riscattano da ogni stereotipo. Il titolo è azzeccatissimo perché il vero amore è il motore dell’opera: l’amore familiare incondizionato, quello casto e puro degli amanti e dissoluto dei “perditori”; l’amore estremo per la Patria, per la religione, il governo, gli amici; l’amore sotto ogni forma, anche per la stessa vacuità. E poi ci sono loro: i Beati Paoli, con il loro spirito che aleggia su tutta l’opera, con il loro tetro mistero e il fascino inscalfibile “dell’infame sinedrio” criminale (e in questo romanzo pure politico) che ne mantengono vivo e inalterato ancor oggi il loro mito.

Rosalia Pignone Del Carretto: Un vero amore ovvero I Beati Paoli. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo di inizio '700. 
L'opera è la fedele trascrizione del romanzo originale pubblicato dalla casa editrice M. Savastano nel 1876 (Napoli)
Pagine 210 - Copertina di Niccolò Pizzorno.
Il volume è disponibile: 
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (sconto 15% - consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
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