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venerdì 27 gennaio 2023

Quel 27 gennaio 1945 io ero una di quelle disgraziate che camminava... - Tratto da La civile indifferenza. Le parole di Liliana Segre...

Settecento chilometri a piedi.
Voi pensate queste schiere di 56.000 scheletri.
Di gente che aveva perso già tutto.
Che era prigioniera da un anno come ero io o da più tempo, o qualcuno da poco.
Avviata per chilometri, per mesi, sulle strade prima polacche, poi tedesche, per sfuggire all’Armata Rossa. E i tedeschi non volevano far trovare noi.
Il 27 di gennaio del 1945, giorno della Memoria, io ero una di quelle disgraziate che camminava e che non poteva cadere per terra.
Non potevi appoggiarti a nessuno, e nessuno poteva appoggiarsi a te. 
Non si poteva cadere: chi cadeva, in quei sentieri pieni di neve, veniva finito con una fucilata alla testa dalle guardie della scorta che venivano cambiate perché si dovevano riposare.
Nessuno poteva rimanere lì, sulla neve, vivo.
Tornata in Italia, alla fine di agosto del 45, dopo qualche tempo ho cominciato a guardare la carta geografica, perché la mia ignoranza era totale, e non avevo neanche ben capito da Auschwitz   dove ci avessero portato. E quando ho visto che da lì a piedi, in varie marce, siamo arrivati (quelli che sono arrivati vivi) fino al nord della Germania, che avevamo fatto settecento chilometri, beh... una volta di più ho pensato:
«Ma come ha fatto quella Liliana lì, di quattordici anni, compiuti ad Auschwitz   da sola?»
Una gamba davanti all’altra.
Una gamba davanti all’altra, una gamba davanti all’altra, una gamba davanti all’altra...
Cammina, cammina, cammina...
Voglio vivere, voglio vivere, voglio vivere...
Ci gettavamo sui letamai, negli immondezzai, mangiavamo qualunque schifezza che avessimo trovato, gli scarti dei civili tedeschi che ci rubavamo una con l’altra, ossa rosicchiate già da un cane, sicure che il giorno dopo avremmo avuto vomito, diarrea... scheletri orribili con le bocche sporche... ma intanto lo stomaco si riempiva e il cervello comandava.
Cammina, cammina, cammina, cammina...
E allora la Marcia della Morte si trasforma in marcia per la Vita.
Voi giovani dovete sempre pensare che la vostra marcia deve esser sempre una marcia per la vita! Mai buttarla via questa vita! La vita è una cosa importantissima, è una cosa meravigliosa, è una cosa straordinaria perché anche attraverso il dolore, attraverso le esperienze più negative, ti può arrivare alla fine un bambino che ti dice: «Ma tu nonna sei il mio arcobaleno.»
Una gamba davanti all’altra... ed era faticosissimo, ed era la neve e c’eravamo noi su quelle strade dove camminammo per giorni e giorni, traversando paesini e città, i cui nomi neanche mi ricordo, dove i civili tedeschi non aprivano mai le finestre per darci un piccolo aiuto, per darci una sciarpa, per darci un pezzo di pane. Come fecero i detenuti di San Vittore.
No... erano tutte asserragliate le persone.
Nell’indifferenza.
«Ma noi non sapevamo.» 
Hanno detto dopo la guerra. Non sapevano neanche quelli che avevano le case ai bordi del lager. Loro non sapevano. 
Era meglio non sapere. 
Era meglio dire: 
«No, non sapevamo niente.» 
Era più facile. 
L’indifferenza. Lo stupore per il male altrui. 
Beh, camminavamo su quelle strade, soprattutto di notte, strade di campagna, strade secondarie, e venivano uccisi con una fucilata alla testa quelli che cadevano... 
Morti senza tomba che sono rimasti lì per la colpa di esser nati. 
Io non li guardavo, io non volevo sapere. 
Non volevo vedere quella strada con la neve rossa. Non volevo vedere quello che accadeva intorno a me. 
E camminammo, camminammo. 
Eravamo fortissimi! 
Nella nostra debolezza eravamo di una forza straordinaria, e io cerco sempre di trasmettere questa forza a voi giovani, miei nipoti ideali. Non dite che siete stanchi, non è vero. Siamo fortissimi! Ce la fate, ce la facciamo, se vogliamo. Possiamo fare tantissimo con le nostre forze. 
Io l’ho visto in quella povera disgraziata Liliana che camminava con le altre, una gamba davanti all’altra. 
E ci furono altri lager.
Tutti pensati dal male assoluto, tutti pensati con crudeltà, con cattiverie, con togliere la dignità completamente alle persone. 


La civile indifferenza. Le parole di Liliana Segre fedelmente raccolte e trascritte dalle sue testimonianze. A cura di Anna Squatrito. In appendice "La dichiarazione sulla razza e le leggi razziali del 1938": la trascrizione delle leggi razziali emesse il 5 settembre, il 6 ottobre, il 15 novembre, il 17 novembre del 1938 e l’elenco delle successive. La foto in copertina, che riassume perfettamente il titolo del libro, è di Maria Luisa Lamanna: "la civile indifferenza" chiude le finestre, e ti lascia dietro a un muro grigio.  
Pagine 174 - Prezzo di copertina € 13,00
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
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